Assioma n° 18 – Bandiera – 09/05/19

Ok, per questo assioma torniamo nel rutilante mondo dei social network.

La questione che dobbiamo affrontare non è elementare; riguarda una delle libertà, uno dei diritti degli utenti sui social ovvero la scelta del nome utente.

Da quando sono nati i social network è sempre stato possibile per un utente scegliere arbitrariamente un nome.

Magari un nome senza alcun legame con il suo vero nome, magari un nome che secondo lui lo rappresentava più di quello che gli è stato dato dai propri genitori. Ma talvolta ha giocato un ruolo importante anche la possibilità di nascondere la propria identità dietro a uno pseudonimo. Per esempio ha permesso a chiunque di criticare personaggi potenti senza aver paura di rappresaglie garantendo così anche una certa libertà di espressione e di cronaca.

Oggi, nel 2020, permettere all’utente di utilizzare un nome falso è diventato molto spesso un problema.

La percentuale di persone che usano i social network per offendere e minacciare altri è diventata decisamente insostenibile. E quell’anonimato, che in passato mi è sembrato una conquista importante, adesso appare ai miei occhi come un ostacolo per poter combattere la disinformazione, le fake news e la propaganda che minaccia oggi chiunque.

Siamo passati quindi dalla libertà di espressione che rappresentava la possibilità di qualunque essere umano di poter esprimere il proprio punto di vista raggiungendo un numero enorme di persone a qualcosa impossibile da controllare. E che rischia di vanificare ogni sforzo per il controllo della veridicità delle notizie.

Ma il senso di questo assioma, onestamente, non era così profondo. Non avevo alcuna intenzione di ragionare di diritto all’informazione o di diritto all’anonimato, all’oblio etc. Il senso di questo assioma riguardava quelle persone che decidono scientemente di inserire qualche simbolino o parolina magica nel proprio nome utente.

Per esempio, pare che tu non possa diventare vegano senza annunciarlo a tutto il mondo inserendo la parola “veg” nel tuo nome utente Twitter o Facebook. Evidentemente, non scrivere la parola “veg” nel proprio nome utente dev’essere un peccato capitale equiparato minimo al consumo di carne umana.

A parte il fatto che non gliene frega niente a nessuno del fatto che sei diventato vegano (anzi, forse dovrei dire vegana perché questa cosa di scrivere VEG nel nome utente l’ho vista al 90% delle volte fatta da donne), perché devi scrivere una cosa del genere ostentandola come se fosse una fede religiosa?

Probabilmente perché per te è davvero una fede religiosa, cioè diventa un credo, diventa un culto, forse una setta.

E non è un caso che il veganesimo si sia diffuso così tanto proprio mentre le religioni classiche perdevano fedeli. Infatti è a tutti gli effetti una religione che ha intercettato il bisogno naturale insito nell’uomo di affidarsi a qualcosa di superiore per dare un senso alla propria vita. E di soddisfare contemporaneamente anche la necessità di appartenenza a un gruppo.

Da che mondo è mondo le persone si affidano a un dio per avere qualcosa di superiore a cui rivolgersi nei momenti difficile. E nello stesso tempo appagare la propria necessità di aggregazione creando comunità intorno alla religione.

Con la crisi delle religioni tradizionali, la gente ha iniziato a cercare uno scopo superiore in altro. Per esempio nelle medicine alternative, in una spiritualità differente oppure nell’alimentazione.

Salvare gli animali dagli allevamenti intensivi e dalla dolorosa morte che devono affrontare per diventare cibo, ha dato a molte persone un profondo senso di appagamento, sostituendo in pratica la sensazione di trascendente che prima poteva essere data solo da una divinità.

Scrivere “veg” nel proprio nome utente significa comunicare a tutti che siamo orgogliosamente vegani, elevando una singola caratteristica come se fosse l’unica cosa veramente importante della nostra identità. Questo spesso denota una certa debolezza di spirito, il bisogno spasmodico di trovare qualcosa che ci identifichi.

La stessa cosa potremmo affermarla per quegli utenti Twitter che mettono le cinque stelle nel proprio nome per mostrare a tutti che sostengono il MoVimento 5 Stelle.

Oppure potremmo ribadirla anche per quegli utenti che mettono tre stelle, mostrando di essere nella schiera dei Digital Soldier di Trump, Generale Flynn etc. Una manica di pazzi che pensano che gli americani arriveranno a liberarci dai cattivi. E che loro potranno in quel frangente essere riconosciuti come appartenenti ai “buoni” con questo genialissimo escamotage.

Penso che non sia necessario aggiungere niente.

Ovviamente, la nostra versione italica di questa stupidaggine statunitense è ostentare la bandierina italiana per far vedere a tutti che siamo veri patrioti. Un concetto talmente idiota che non mi va nemmeno di affrontarlo.

Eppure, purtroppo, questi deficienti votano (e io so anche cosa votano). E il loro voto vale tristemente quanto il mio, drammatiche storture della democrazia che dobbiamo sopportare.

E mi spiace parecchio di non poterti togliere il diritto di voto ma sono comunque felice di poterti bloccare sui social. Magra ma fondamentale consolazione per riuscire a sopravvivere online.

Ne consegue incontrovertibilmente che una persona su Twitter che ha la bandiera italiana nel nome utente è inevitabilmente una testa di cazzo.

 

 

 

Tratto da “Quarantotto Assiomi Cinici

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Lamberto Salucco

(Firenze, 1972) – Sono un consulente informatico (ma laureato in Lettere Moderne), mi occupo di marketing (ma solo digitale), social media (ma non tutti), editoria (ma non cartacea), musica (ma detesto il reggae), formazione (ma non scolastica), fake news (ma non sono un giornalista), programmazione (ma solo Python), siti web (ma solo con CMS), sviluppo app (ma solo iOS e Android), bias cognitivi (ma non sono uno psicologo), intelligence informatica (ma solo OSINT), grafica 3D (ma niente CAD), grafica 2D (ma niente Illustrator), Office Automation (ma non mi piace Access).