Viviamo in un’epoca di trasformazioni.
Alcune sono silenziose e lente, passano quasi inosservate ma riescono comunque a rivoluzionare la nostra vita e il tessuto stesso della società.
Come spesso è capitato nei secoli, altre trasformazioni invece sono state segnate da eventi precisi, da momenti puntuali che hanno consegnato alla Storia date memorabili da poter inserire nei libri di testo.
Eventi come il crollo del muro di Berlino, la Primavera Araba, le Torri Gemelle e i ripetuti attacchi terroristici nel mondo occidentale… E poi la Rivoluzione Arancione e quella del 2014 in Ucraina, piazza Tienanmen, le varie intifade fino ad arrivare a quelli odierni di Black Lives Matter (ancora in corso mentre scrivo) sono solo una minima parte di ciò che è successo e che ha cambiato il mondo in cui viviamo.
Dando per assodato che due paginette nella mia vita le ho studiate (anche se non mi ricordo molto) e che non cado spessissimo dal pero visto che ho una visione abbastanza disillusa delle miserie umane, so che talvolta ci sono state “rivolte” anche con finalità condivisibili che hanno richiesto un triste tributo di sangue per poter essere efficaci e portare a un miglioramento sociale.
Ma questo non può sicuramente diventare una giustificazione per le esagerazioni, per le azioni violente che finiscono per snaturare il reale scopo della protesta. O per le infiltrazioni di pericolosi soggetti che hanno fatto della violenza un mestiere e una ragione di vita.
Quale forza può avere un messaggio che per essere diffuso ha bisogno di far commettere gli stessi crimini che cerca di combattere?
Quale credibilità può avere un movimento che finisce per somigliare anche nel comportamento a tutto ciò che si era imposto di contrastare?
Come riuscirà quello stesso movimento a rispondere sui social (oggi onnipresenti e imprescindibili) a chi lo accuserà di essere passato dalla parte del torto e di aver tradito coloro che hanno contribuito a farlo nascere e a svilupparlo?
Purtroppo (o per fortuna) non esiste un modo per rispondere a queste domande. La Storia ci insegna che l’essere umano ha purtroppo (o per fortuna) la memoria decisamente corta.
Questo lo aiuta ad andare avanti perché scordarsi degli avvenimenti più tragici è in effetti l’unico modo per non impazzire e riuscire a sopravvivere.
D’altro canto essere dotati della memoria di un pesce rosso comporta altri, drammatici pericoli.
Fra questi pericoli, sicuramente uno dei più temibili è quello di ripetere gli errori già commessi in precedenza senza far tesoro dell’esperienza accumulata negli anni.
Ecco che, quindi, è possibile (sebbene non certo auspicabile) che una protesta legittima, nata da un insieme di persone accomunate, per esempio, da una certa idea politica o da un certo sogno sociale, possa in breve tempo trasformarsi in qualcosa di più violento e drammatico (qui sarebbe opportuno fare una digressione sul fascismo dell’antifascismo ma rischierei di non venirne più fuori e quindi scelgo vigliaccamente di soprassedere per motivi di spazio e di opportunità).
È tuttavia possibile che altrettanto velocemente la gente si scordi di come tale movimento ha passato il limite. Magari facendosi beffare dalla memoria selettiva e cancellando le parti “scomode” a vantaggio di quelle “comode”.
Io spero sinceramente che le persone tengano gli occhi aperti e che cerchino di non dimenticare ciò che non fa piacere.
Un corteo che “ha esagerato” ed è fuori controllo non è mai una bella cosa; e secondo me c’è da sperare che finisca per invalidare, sabotandolo dall’interno, il proprio messaggio.
Se non altro, per non creare un pericoloso e incivile precedente.
Ne consegue incontrovertibilmente che le motivazioni della tua protesta non contano una sega se per farle valere sfasci, incendi, picchi etc
Tratto da “Quarantotto Assiomi Cinici“