Anche questo assioma non è farina del mio sacco, proviene da una grande persona. Uno degli uomini più buoni che abbia mai conosciuto e che era dotato di un cervello particolarmente raffinato: Carlo Bruschi.
Inizierei parlando dell’abisso che generalmente intercorre tra il valore oggettivo di una propria capacità e il valore da noi stessi percepito della stessa capacità, spesso descritto in relazione al cosiddetto effetto Dunning-Kruger.
Quando si parla del fenomeno di Dunning-Kruger si definisce questa distorsione cognitiva come “effetto di eccesso di fiducia” ma io non sono molto d’accordo. Fatemi mettere subito in chiaro una cosa: si tratta di un parere personale perché non ho alcuna preparazione in questo campo, altrimenti sarei il bue che dà del cornuto all’asino.
Semplicemente credo che l’effetto di eccesso di fiducia possa essere un problema di chiunque, qualunque sia il suo livello di competenza o di bravura in un certo settore. Per esempio un discreto chitarrista può pensare di essere un ottimo chitarrista oppure un bravo poeta può credere di essere il migliore del mondo.
Il vero effetto Dunning-Kruger invece, almeno per come è inteso e utilizzato oggi, dovrebbe riguardare le persone con bassa o bassissima preparazione in un determinato campo che tendono invece a vedersi come veri esperti. Quindi un livello di partenza inferiore e un divario superiore con quello percepito. In realtà David Dunning parla di “idioti fiduciosi” come di un problema che riguarda un po’ tutti. Quindi il significato non è così rigido come si vuole far credere e negli anni è stato più volte chiarito.
E qual è alla fin fine il motivo di questo macello? Che il tizio in questione ne sa talmente poco da non riuscire nemmeno a valutare il proprio livello di preparazione. In pratica sei talmente ignorante che non sai nemmeno cosa sia la cultura e quindi non puoi accorgertene. Non possiamo giudicare né noi stessi né gli altri in un certo ambito se non abbiamo le competenze. Perché per capire se si hanno quelle competenze sono necessarie proprio quelle competenze! D’altra parte fu Charles Darwin a dire “L’ignoranza genera fiducia più spesso della conoscenza”. Il problema non è proprio nuovissimo.
Anzi, a guardare il problema nella sua interezza, ci si accorge che c’è un altro aspetto da prendere in considerazione. Un aspetto troppo spesso dimenticato ovvero la Sindrome dell’Impostore (o di Clance-Imes), una condizione che, semplificando, fa pensare alla persona competente di non esserlo. Così potremmo avere l’ignorante supersicuro e l’esperto che invece dubita della propria cultura, davvero molto socratico.
E il brutto è che la mente crea una barriera di difesa per non rischiare una dissonanza cognitiva e ci impedisce di mettere in dubbio alcune cose che sono ben radicate nel nostro cervello e questo non cambia nemmeno in presenza di inconfutabili prove che distruggano la nostra visione, noi continueremo comunque a difendere ostinatamente quelle credenze.
E il vero casino si verifica quando dai un pizzico di potere a una persona che non se lo merita. Non importa se diventa capoclasse o Presidente della Repubblica, quella persona troverà sempre il modo di fare qualche disastro perché concorrono tre cause in una combinazione pericolosissima. È incompetente, pensa di essere competente e ha potere.
Sicuramente viene in mente il cosiddetto “esperimento carcerario di Stanford” del 1971 quando si dividero ventiquattro volontari in due gruppi (detenuti e guardie) per simulare l’ambiente di una prigione.
L’esperimento presenta ancora molte zone oscure, mai chiarite del tutto ed è stato accusato di essere un parziale o completo falso. Fondamentalmente successe che i volontari-guardie finirono in poco tempo per vessare pesantemente i volontari-detenuti, tanto che alla fine si decise per la chiusura anticipata della sperimentazione.
Sono stati girati anche film ispirati alla vicenda che ebbe una gran risonanza e che forse sarà davvero falsa ma sicuramente non incredibile.
Ne consegue incontrovertibilmente che non si deve mai dare neanche una piuma a una talpa, finirà col credersi un’aquila.
Tratto da “Quarantotto Assiomi Cinici“