In circa venti anni di docenze ho fatto lezione a ragazzini quindicenni che non avevano nemmeno idea di essere al mondo e a megadirettori galattici il cui nome era sufficiente per terrorizzare interi reparti. Nel corso di queste giornate ho anche assistito a migliaia di pause caffè e a centinaia di pranzi fra colleghi, sia all’interno di aziende sia nelle agenzie formative dove si svolgevano i corsi. E ho visto quanto possono essere diversi a seconda dei partecipanti o meglio a seconda del livello dei partecipanti.
Ogni attività necessita di interruzioni per il riposo, non ci vuole certo un genio per capirlo. Ma mentre per alcune attività questo è facile da intuire, per altre il discorso è diverso.
Nessuno si sognerebbe mai di far lavorare cinque ore di fila senza pause un muratore, un addetto ai traslochi o uno scaricatore di porto. Questo perché dal punto di vista del lavoratore è una cosa inumana e dal punto di vista del datore di lavoro è controproducente. Una persona, dopo un certo periodo di tempo, ha bisogno di fermarsi o finirà per rendere sempre meno.
Se all’inizio del turno la resa del lavoro di una persona è 100, dopo un’ora di lavoro scenderà a 80, dopo due ore a 50 e così via. Se a questo punto io faccio una pausa (tipo un quarto d’ora, venti minuti) la resa del lavoro tornerà a, diciamo, 80. Dopo due ore sarà scesa a 40 e sarà necessaria un’altra interruzione per tornare a 60. Sono numeri in libertà senza alcuna pretesa di valore scientifico ma vi posso assicurare che non sono poi così lontani dalla realtà.
Per le attività che coinvolgono la mente più del corpo, questo modo di pensare è particolarmente difficile da accettare. Il lavoratore che compila le dichiarazioni dei redditi o che risponde alle email dei fornitori ovviamente suda meno di un minatore. Però la resa del suo lavoro è soggetta durante il turno allo stesso calo fisiologico.
Le pause per prendere un caffè sono spesso viste dai dirigenti come “tempo sprecato” e raramente ho sentito una stupidaggine più grande di questa. Staccando cinque minuti per un caffè tu fai risalire la tua produttività, il tuo cervello si riposa ma non si ferma. E così è possibile che ti venga in mente la soluzione per quel problema a cui pensi da stamattina e che ancora non hai trovato. La pausa abbassa lo stress che è una delle principali cause dei tuoi errori lavorativi. Quando sei più stressato aumenta esponenzialmente la probabilità che tu commetta errori che, oltre a causare un possibile danno nell’immediato, possono richiedere sforzi e tempo per essere corretti in un secondo momento.
Oltre a ciò, prendere un caffè coi colleghi aiuta a sentirsi parte di un gruppo e consolida i rapporti in ufficio. Ciò aumenta anche le possibilità che ci si possa aiutare reciprocamente con un conseguente miglioramento del flusso di lavoro.
Nella formazione è uguale. Conosco illustri colleghi che fanno lezione per sei ore di fila facendo una singola pausa di 10 minuti. Non ti ascolterei nemmeno io. Anzi, nemmeno tu riusciresti ad ascoltarti, se parlasse un’altra persona te ne saresti già andato via. Ma ti piace ascoltare te stesso perché sei un maledetto narcisista. Talvolta sono stato ripreso perché (a detta loro, persone che non hanno la benché minima idea di come funzioni una lezione) facevo troppe pause e così “passa il concetto che con te non si fa nulla”. Vedi, caro amico stupido, questo è un enorme complimento. Perché alla fine dei miei moduli la gente ha imparato sicuramente qualcosa e se quelle pause li hanno aiutati a percepire come meno pesante la lezione, siano le benvenute!
Ma tu sicuramente ti occupi (male) di altre cose. Forse fai (male) i progetti, forse tieni (male) i rapporti coi clienti, forse gestisci (male) i calendari e i docenti, forse ti occupi (male) della gestione finanziaria. Di sicuro non sai un tubo di formazione nel senso pratico.
Durante le pause le persone memorizzano i concetti appena ascoltati, parlano coi colleghi e chiedono informazioni, discutono con il docente in modo più aperto e diretto di quanto facciano in aula. È anche il momento in cui il timido e l’introverso possono parlare liberamente e aprirsi con gli altri. Ma tu fai (male) altro e quindi rompi l’anima a chi sa come si fa.
Come nella musica le pause sono importanti almeno quanto le note, nella vita il riposo è fondamentale anche per essere produttivi. Mi ricorderò per sempre di quando ero piccolo e dovevo imparare una poesia a memoria. La sera, prima di addormentarmi, mia madre mi rileggeva tutta la poesia mentre avevo già gli occhi chiusi e pensavo ad altro. Era un modo per fissare un ricordo in modo rilassato, quasi distratto. Non so se scientificamente abbia un senso ma questa tecnica funzionava.
E invece no. Ho conosciuto gente che fa della propria rigidità sui tempi di pausa un vanto inspiegabile. Ho conosciuto un dirigente che raccontava con grande orgoglio che nella propria azienda i dipendenti fumatori mettevano in bocca l’ultima sigaretta alle 8 di mattina e poi se la scordavano fino alla pausa pranzo.
No, caro il mio fenomeno, tu pensi che sia così ma in realtà la gente si imbosca, si nasconde sui terrazzini, si chiude in bagno e trova comunque il modo di accendersi un cicchino se gli va. Solo che tu non lo sai e non puoi avere un’idea precisa di quando, quanto e come si svolgono le pause sigaretta.
Vivi pure nel tuo infantile sogno del super-controllo se ti fa sentire meglio. La verità è che appena giri l’angolo cade a tutti la penna dalla mano e la tua illusione di miglioramento della produttività si scioglie come neve al sole.
Senza voler cadere nell’esterofilia estrema, bisogna ammettere che nel Belpaese più che nel resto d’Europa molte persone sono fiscali con gli orari ma nessuno guarda a quanto davvero è stato prodotto. Mi ricorda un po’ la corsa a inventare processori sempre più veloci senza guardare all’effettivo miglioramento delle prestazioni del computer. Anche i famosi e disgraziati CoCoPro (ve li ricordate i collaboratori a progetto?) venivano alla fine costretti a timbrare a una certa ora. Un retaggio vecchio e inutile di un mondo lavorativo ottocentesco già superato dalla storia.
Ci sarebbero tanti altri aspetti da approfondire (ma manca lo spazio necessario) come, per esempio, l’importanza della pausa pranzo consumata in un ambiente diverso dalla postazione di lavoro per staccare davvero e far riposare il cervello. Poi in realtà basterebbe andare alla mensa o al baracchino davanti alla sede e chi troverai in questi luoghi ameni? I tuoi colleghi. E se vai a pranzo coi colleghi non andrà forse a finire che continuerete a parlare di argomenti inerenti il lavoro? Pensate agli atroci aperitivi milanesi dove si ritrovano molte persone che lavorano insieme e si finisce sempre col tirare fuori argomenti che di ludico hanno davvero poco. A volte questi colleghi si accoppiano tra loro dando vita a convivenze nelle quali si continua a parlare di lavoro. Anche a cena o a letto. L’inferno.
Basta, mi fermo qui ma spero che abbiate capito che il tempo che passiamo effettivamente in ufficio o in un’aula è solo una parte di ciò che serve per far funzionare un processo lavorativo o formativo.
Ne consegue incontrovertibilmente che un dirigente che ancora nel 2020 non capisce l’importanza delle pause nell’attività lavorativa è destinato al completo fallimento.
Tratto da “Quarantotto Assiomi Cinici“