Cortometraggio – Emilie Muller

Emilie Muller: uno dei migliori cortometraggi mai realizzati.

Intelligente e prodotto benissimo.

Regia di Yvon Marciano; interpretato magistralmente da Veronika Varga (1969-2023).

Lingua francese, anno 1994.

 

Il provino di una giovane attrice, Emilie Muller Il regista del film inizia ponendole domande sul suo background; Emilie non proviene da un background cinematografico, non ha una formazione di recitazione, si è trovata nel cast per una combinazione di circostanze, sembra non essere al passo con il set della produzione. Per la sua prova, il regista le chiede di svuotare la borsa davanti a lui e di raccontare la storia degli oggetti lì ritrovati. Emilie Muller prende la borsa e lo fa, raccontando aneddoti toccanti e storie più profonde sulla sua vita e sulla visione che ne ha. Da lei emerge molta tenerezza e poesia, attraverso la sua fragile timidezza e il suo accento ungherese”.

 

 

I dialoghi di Emilie Muller

Inizio

“Buongiorno” “io sono l’aiuto, il regista la aspetta. Non si preoccupi riesci a mettere a
suo agio chiunque” “Ah sì?” “Sì è bravissimo. Lo appenda pure” “Prego” “Buongiorno” “Buongiorno, si sieda” “Qual è il suo nome?” “Emily Muller” “È il suo vero nome?” “Sì” “Attrice di teatro?” “Oh ho fatto una piccola cosa in teatro molto tempo fa ma non posso per questo dire di essere un’attrice” “È tutto?” “Sì” “Niente film?” “Ah no mai” “Audizioni?” “Eh no è la prima volta” “Nessuna scuola, nessun corso di Arte drammatica?” “Eh no mi
dispiace” “Come ha saputo che cercavamo un’attrice?” “Da un’amica, voleva che l’accompagnassi, ha molto insistito poi alla fine è lei che non è venuta” “Lei è venuta lo stesso” “Sì per per la storia, cioè la sceneggiatura. Quest’uomo prigioniero di un dramma e questa donna che gira il mondo al suo posto mi ha molto colpito” “Mi puoi far vedere che cos’ha nella borsa?” “Nella borsa?” “Sì” “Io…” “Non le va? Forza, la prenda” “Sì d’accordo” “Forse pensa che sono indiscreto” “Oh no no per niente” “Lei vuole che vuoti la borsa?” “Sì” “Cioè come?” “Tiri fuori a caso un oggetto e poi mi racconti cosa ci fa, perché è nella borsa, che cosa le ricorda. Allora giriamo, tutti pronti, motore” “Partito”

Prima parte

“Emilie Muller, prima” “Bene, comincio. Sa non c’è niente di straordinario, un portamonete, un portacipria, stamattina venendo qui ho attraversato un mercato c’era della frutta di tutti i colori e delle mele, delle mele rosse, verdi. Appena mi sono fermata a guardarle il fruttivendolo ne ha presa una e me l’ha regalata. Ecco. “Che cos’è?” “Questo? La pagina degli annunci” “Cerca qualcosa?” “In questo momento niente ma mi capita di cercare lavoro, sì” “Che genere di lavoro?” “Io cambio continuamente: donna di servizio, babysitter, cameriera in un bar, documentarista. In questo periodo correggo bozze in una casa editrice e mi piace molto. Gli errori in un testo, io non vedo che gli errori ormai. È incredibile se uno è un po’ curioso quello che può trovare nei piccoli annunci. e poi trovo che è talmente formidabile sapere che qualche parola di un giornale può cambiare una vita. Mi piace leggere gli annunci immobiliari anche perché sogno di avere una casa tutta mia. Niente di particolare, una piccola casa in mezzo a un bosco mi basterebbe. Ma una casa dove poter andare quando ne ho voglia. Dove portare i miei amici. Dove poter bere, ascoltare la musica fino a tardi la notte. Quando leggo l’annuncio di una casa immagino subito il tipo di vita che potrei fare perché poi una casa è per forza l’inizio di una nuova vita. Voglio dire degli odori diversi dei colori nuovi. Novità. O anche la solitudine totale, niente nessuno a cui parlare. Sogno questo alle volte” “E non le fa un po’ paura?” “No, perché?” “I miei genitori mi hanno insegnato a stare sola, mi lasciavano dei pomeriggi interi con un libro, sì. Ma io non mi ricordo di aver avuto paura. No, mai. Ah, un anello, me l’ha regalato un vecchio amico, era di sua madre che è morta. Non l’ho mai messo” “Perché?” “È troppo impegnativo portarlo. Un biglietto aereo” “Un vecchio biglietto?” “No, un biglietto nuovo. Me l’ha mandato un amico: Parigi Nizza andata e ritorno. Non so, mi ha detto che abita in un appartamento tutto bianco che dà sul mare come in un quadro di… No, in effetti ci andrei per vedere una tomba. “Una tomba, sa, una tomba. Perché appena fuori dalla città c’è un cimitero, sembra tutto bianco, Matisse, il pittore. Matisse è sepolto là. La sua tomba è nuda con un un mazzo di fiori rossi, sempre sempre lo stesso. Qualcuno, non si sa chi, una donna forse, va a cambiarli tutti i giorni. Quando me ne ha parlato gli ho detto che avevo molta voglia di vedere questa tomba. E allora ecco ieri ho ricevuto il biglietto. E però se parto ho paura di non tornare. Un piccolo quaderno per scrivere” “Per scrivere cosa?” “Una storia, un improvviso sogno, una frase letta in un libro. Passo molto tempo a scrivere, è una mania assurda” “Perché assurda?” “Perché non serve a niente, quello che conta veramente è inutile scriverlo, uno se lo ricorda” “È anche il suo diario?” “Questo? Sì. Scrivo tutti i giorni, mi obbligo a scrivere tutti i giorni. È come un lavoro, scrivo quello che vedo, quello che faccio, la gente che incontro, tutto. “E non ha paura che qualcuno lo legga?” “Ah sì. L’altro giorno ho perduto uno dei miei quaderni, diari” “Diari” “Eh sì, diari. Da quel giorno continuo ad avere degli incubi. Sogno che qualcuno lo trova e mi sottopone a un interrogatorio senza tregua. Ci sono delle cose terribili, cose che non ho mai detto a nessuno. “Può leggermi una cosa qualsiasi? Così, a caso” “Lunedì 7 luglio. Ho conosciuto la felicità ma non mi ha reso più felice. È carina, no?” “È sua?” “No di Jules Renard. L’ho letta su un giornale. Aspetti, c’è una frase molto curiosa che ho scritto l’altro giorno. La devo trovare” “Vuole un caffè per caso?” “No no grazie” “Mi dica, le piace sedurre?” “Io non credo” “Ma tutti amano sedurre, no?” “A me a me è piuttosto il desiderio dell’altro che mi seduce” “Cioè?” “Sì, quando uno mi mostra un po’ di interesse, un po’ d’attenzione non posso resistere. Vorrei fare diversamente ma non posso. È più forte di me” “Ma gli uomini ne approfittano, no?” “Allora li lascio perdere. Sono imprevedibile alle volte” “Per esempio?” “Non so, basta una parola, un gesto, per loro è senza importanza ma per me è sufficiente. Basta perché io mi renda conto che che non abbiamo niente in comune” “E dopo non li rivede più?” “Ah no, non posso proprio, le persone che ho amato cerco sempre di rivederle. Ho sempre bisogno di sapere quello che fanno, che cosa sono diventati, anche se non li vedo per parecchi mesi. Solo il fatto di sapere che esistono da qualche parte e che là dove sono stanno bene è un segno sufficiente per ritrovarsi. Lei non può immaginare, è importante. Cercando di cancellare qualcuno dalla propria vita si rischia di cancellare un po’ della propria vita. E poi la vita fa già di tutto per separare la gente, allora… Una penna, è un regalo del mio amico per il suo compleanno” “Per il suo compleanno?” “Sì, ha sempre preferito fare dei regali invece di riceverli” “Ehm una cartolina. È di un’amica, è molto tempo che non ricevo sue notizie, vive in Brasile a San Paolo, da… 5 anni fa si è fatta suora, ora mi scrive per dirmi che ha abbandonato tutto e che sta per sposarsi con un prete. Se potessi prenderei il primo aereo” “C’è ancora qualcosa?” “C’è ancora, sì, una tessera di una biblioteca, una tessera di donatori di organi” “Di che cosa?” “Sì, donatore di organi, se muoio dono i miei organi” “Questo non lo prendo quasi mai ma ce l’ho sempre con me a causa dell’insonnia. È terribile, arriva tra le 4 e le 5 del mattino quando meno me l’aspetto, magari non ho un buon libro o qualche biscotto da sgranocchiare” “Un pacchetto di sigarette” “Fuma molto?” “Io non fumo mai, sono per gli amici” “Ha parecchi amici?” “Eh no. Ho un amico che ha una teoria giustissima. Lui dice che che l’essere umano ha una capacità limitata di avere amici, che per aggiungerne uno nuovo bisogna allontanarne uno che c’è già. Io sono d’accordo. Credo che nella vita non si può avere che due o tre amici e poi…” “Le qualità che la colpiscono di più in un uomo?” “Che mi colpiscono di più? Beh che possa essere colpito e che possa ammirare anche, è importante ammirare. Però non vale solo per gli uomini. Io credo di amare ancora di più qualcuno capace di emozioni se sono vere” “E il suo amico ha queste qualità?” “Io credo di sì” “E quali sono i suoi difetti?”

Seconda parte

“Emily Muller, seconda” “Siamo costretti a fare una ripresa perché non c’era più pellicola. Dunque, stavamo parlando del suo amico. Le avevo chiesto quali erano i suoi difetti” “Ah sì, i suoi difetti. Eh, ce n’è uno, uno solo ma è terribile” “Quale?” “Tutti lo amano e lui non ama nessuno” “Continui” “Un coltellino. Ecco, si dice un’armonica, vero?” “Sì, a bocca” “Una spilla da balia, una vecchia agenda” “Ha un libro con sé?” “Un libro? Sì, sempre” “Me lo può far vedere? Che cos’è?” “È un libro di memorie. Non leggo che questo genere, le biografie e anche i diari mi piacciono, devo essere sicura che quello che leggo sia stato vissuto da qualcuno sennò il libro mi fa addormentare. Ecco questo è un libro di uno scrittore americano. A un certo punto spiega che sua madre è morta senza avere mai letto niente di suo. E sa perché? Perché per ogni libro lui si diceva che il prossimo sarebbe stato migliore, quindi più degno di lei. È magnifico, no? In effetti ho letto pochi libri fino alla fine, salto di continuo da uno all’altro, da una pagina all’altra continuamente” “Ma perché?” “Ha già incontrato la donna della sua vita?” “Prego?” “Sì, la donna quella che al primo sguardo fa sparire tutti gli altri. Bene, immagini di cercarla. Lei non la conosce, lei è solamente sicuro di una cosa: quando questa donna le apparirà per la prima volta lei non avrà alcun dubbio, la riconoscerà. Insomma la lettura è la stessa cosa, leggendo tutti cercano qualcosa di unico ma indubbiamente si tratta di qualcosa di introvabile” “E se trovasse questo qualcosa?” “Allora mi sconvolgerebbe la vita, molto semplice”

Terza parte

“Emily Muller, terza” “Continui” “Credo di aver finito. Ah no, c’è ancora una piccola… Ecco, è il mio amico: dorme. È l’unico momento in cui è possibile fotografarlo. Ecco questa è mia madre quando era giovane, ho trovato questa foto qualche giorno fa in un baule, non l’avevo mai vista. Amo molto lo sguardo di mia madre, il suo sorriso soprattutto. È la prima volta che la vedo tra le braccia di un uomo che non è mio padre, hanno l’aria innamorata. Sono contenta che prima di noi, prima di mio padre abbia potuto essere felice” “Sono importanti per lei i suoi genitori?” Sì, sono tutto per me. L’idea che un giorno… Non riesco a pensarci. “Mi può parlare un po’ di lei?” “Per molto tempo sono rimasta piccola” Perché?” “Non volevo crescere, stavo talmente bene. Non so più quale scrittore ha detto che quando era giovane… no, bambino… non ricorda di aver mai toccato terra tanto passava di braccia in braccia. Per me è stato lo stesso, avevo dei genitori molto rassicuranti che mi hanno iper protetta” “Di che origine è?” “Sono ungherese” “Mi può dire qualcosa in ungherese? Una poesia, per esempio” “Non capirà granché” “Non importa” “E quando era piccola sapeva che cosa voleva fare da grande?” “Sì, con mio fratello volevamo fare gli astronauti. Astronauti, sì. Passavamo il tempo a osservare il cielo, se ci avessero proposto di partire per Venere o Marte o Giove saremmo partiti pazzi di gioia, saremmo partiti di corsa” “E non l’avete fatto” “No, vuoi sapere perché?”

Finale

“Bene, basta. Abbiamo finito. Ecco, i 15 minuti sono passati. “Di già?” “Eh sì” “Ah, bene” “La ringrazio molto” “Arrivederci” “Arrivederci. Ah, non si dimentichi di verificare il suo indirizzo col ragazzo che è fuori nel corridoio così la  chiameremo entro una settimana” “D’accordo” “Mi sembra bene, no?” “Sì” “Che dici? Forse un po’ troppo giovane” “Sì forse. Va bene, sentiamo le altre” “Ok” “Tra un po’, però” “Va bene” “Posso avere un bicchiere d’acqua per favore?” “Ne restano quattro, vuoi continuare subito?” “Ho bisogno di fare una piccola pausa” “Sì, ok” “Di’ loro che mi basta poco, 10 minuti” “Va bene, vado a dirglielo, vado a torno” “Grazie” “Ah, Olivier! Ha dimenticato la borsa, Emilie. Fermala subito” “Quale borsa? Ma… Non è la sua” “Ma sì, sì, ascolta: abbiamo girato con quella” “Non era sua, te l’assicuro, non aveva la borsa” “Ma di chi è quella borsa, allora?” “Alice” “Sì?” “Alice, dimmi, di chi è questa borsa?” “È la mia, perché?” “No…” “Sì, è la mia”

 

 

Emilie Muller in italiano

 

 

Scheda tecnica

  • Director: Yvon Marciano
  • Writing Credits: Yvon Marciano
  • Veronika Varga: Emilie Muller
  • Olivier Ramon: L’assistant
  • Marie David: Alice
  • Lise Bèraha: L’opératrice
  • Cinematography: Pierre Befve
  • Editing: Marianne Rigaud
  • Sound: Xavier Griette
  • Re-recording mixer: Gérard Lamps
  • Sound assistant: Jean Paul Schneider
  • Lighting assistant: Michel Allainmat
  • Cinematographer assistant: Éric Brun

 

 

 

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Lamberto Salucco

(Firenze, 1972) – Sono un consulente informatico (ma laureato in Lettere Moderne), mi occupo di marketing (ma solo digitale), social media (ma non tutti), editoria (ma non cartacea), musica (ma detesto il reggae), formazione (ma non scolastica), fake news (ma non sono un giornalista), programmazione (ma solo Python), siti web (ma solo con CMS), sviluppo app (ma solo iOS e Android), bias cognitivi (ma non sono uno psicologo), intelligence informatica (ma solo OSINT), grafica 3D (ma niente CAD), grafica 2D (ma niente Illustrator), Office Automation (ma non mi piace Access).