L’arte delle fregature - Parte Prima: Non ci capisco più nulla!

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Anche questo libro è nato in parte dalle mie lezioni. Ho tenuto diversi corsi di comunicazione e marketing in cui ho inserito parti relative ai bias cognitivi in ambito commerciale. Mi piaceva l’idea di riunire un po’ di quella roba in un libro, alla fine credo che ne scriverò quattro. Questo è il primo.

Questo è il link per acquistare “L’arte delle fregature – 1” su Amazon.

Ed ecco l’introduzione che ho scritto per questo libro.

 

E iniziamo anche questo nuovo libro. Probabilmente sarà un record assoluto nella storia dell’editoria moderna e riuscirà in un paio di imprese non indifferenti.
Per esempio, potrebbe vendere addirittura meno copie dei miei libri precedenti (non è semplicissimo ma credo che ci si possa arrivare) e potrebbe anche portarmi qualche offesa in più.

In genere, infatti, vengo apostrofato nei modi più allucinanti dalle persone più disparate. Mi è stato detto che una persona con un titolo di studio “letterario” non può permettersi di scrivere manualistica tecnica informatica. Oppure che non avevo le competenze per occuparmi delle strade scomparse di Firenze. Che il mio testo sul digital marketing non parlava abbastanza di una cosa oppure che parlava troppo di un’altra cosa. O anche che i miei assiomi erano offensivi nei confronti di mamme, figli, nonni, cristiani, musulmani, leghisti, comunisti, nordisti, sudisti, maschi alfa, coglioni omega etc.

Ovviamente anche questa volta me ne sbatterò allegramente e scriverò. Ma non solo: scriverò di un argomento difficile, complesso, contraddittorio. Ma non solo: lo farò parlando contemporaneamente di tre ambiti difficili, complessi e contraddittori come marketing, disinformazione e vita sentimentale. Praticamente un suicidio su carta.

Ma d’altra parte io nella vita devo divertirmi e quale modo migliore per far arrabbiare un numero spropositato di persone che toccare i loro nervi scoperti (in realtà i nervi scoperti di tutti noi) facendo esempi che li facciano sentire scemi anche in contesti quotidiani?

Quindi ottimo: sarà un successone! Fra l’altro, la mia idea è di scrivere altri tre libri come questo. Ecco perché si chiama “L’arte delle fregature – 1: Non ci capisco più nulla!”.

Qualora vi dovesse interessare, la suddivisione dei bias cognitivi in categorie e sottocategorie è ispirata a quella effettuata da Buster Benson e John Manoogian III.

Questo primo volume è dedicato all’area chiamata “Too much information”, donde il sottotitolo.

Gli altri tre volumi saranno “Aspetta, fammi provare” (dedicato alla categoria “Not enough meaning”), “Datti una mossa” (“Need to act fast”) e “Cosa mi dovevo ricordare?” (“What should we remember?”)

La fase preparatoria di questo testo viene da lontano: si inizia con le slide che uso in aula quando affrontiamo i bias, generalmente collegandoli alle debolezze e abitudini dei clienti in ambito digital marketing. Poi mi sono portato il fardello a giro ovunque, lavorandoci in Tunisia e Francia oltre che ovviamente a Firenze, in vari aeroporti e addirittura in aereo (grazie per la connessione, Air France).

Alla fine, sto scrivendo il testo definitivo in Scozia così la confusione sarà totale ma almeno avrò una buona serie di scuse da accampare.

Qualche rapido avviso, così non sto a tornarci sopra. E, se le critiche saranno su argomenti elencati qui, potrò dire che vi avevo avvertiti:

  • Non ho alcuna competenza certificata sull’argomento “bias cognitivi” anche se me ne occupo da diversi anni. Ammetto che mi capita di fare un po’ di casino coi termini e di usare in modo improprio “bias”, “distorsione”, “euristica” e altri. Mi scuso in anticipo. D’altra parte, questo non è un manuale tecnico né un testo universitario. E io non sono uno psicologo né uno psicoterapeuta né uno psichiatra né un mentalista etc.
  • Il linguaggio usato è libero, schietto. Non mi rompete l’anima per parolacce o espressioni colorite/popolari.
  • Lo spazio è poco, le cose da dire sono tante, forse troppe e quindi molti concetti saranno solo abbozzati, incompleti. Mi dispiace. Magari vi viene voglia di scrivere un libro su questo argomento e lo farete meglio di come l’ho fatto io, fatemi sapere.
  • Amo le donne, sono a favore di matrimoni e adozioni gay ma non uso né schwa né asterischi. Ho usato spesso “il partner” solo perché mi risulta più comodo. Comunque, qualunque cosa vi risulti offensiva o maschilista o razzista o omofoba o discriminatoria o patriarcale ve lo posso straassicurare e potete chiedere a chiunque mi conosca: non avete capito nulla di ciò che scrivo e di ciò che sono.
  • Ho una certa dimestichezza con l’argomento disinformazione e so che dovrei sempre fare riferimento alle denominazioni ufficiali e invece no: ho scritto “bufale”, “fake news”, “panzane” tutto insieme, tutto mescolato etc. Chiedo scusa ai puristi.
  • Ho usato molto anche il termine “brand”. È una parola comoda come “partner” quindi ve la ciucciate.
  • Questo testo non dà soluzioni ganze, non fornisce miracoli preconfezionati, non risolve i vostri casini.