Se avete visto il film Minority Report il termine “precog” vi risulterà sicuramente familiare; ma cosa possa avere a che fare con il social network sarà la vostra successiva domanda. Il social network in blu (tanto per seguire il trend di definizioni attuale) si è dotato di un nuovo dispositivo di sicurezza.
Molti storceranno il naso davanti al nuovo algoritmo di cui Facebook si è dotato, ma personalmente ritengo sia invece un strumento molto utile. Riconosco che tra l’uso e l’abuso il confine sia molto sottile ma in questo l’utilità dovrebbe prevaricare il pensiero di violazione della privacy.
Quello che nella pratica il nuovo software fa, in modo del tutto trasparente per l’utente finale, è monitorare le attività di chat legate al social network andando ad analizzare ogni singola frase o gruppo di parole; nel momento in cui l’associazione di vocaboli sia considerata “pericolosa” parte immediatamente una segnalazione alle autorità.
Questo ha permesso nelle scorse settimane di catturare un malintenzionato, o almeno presunto tale, che aveva adescato una tredicenne americana riuscendo a strapparle un appuntamento. In quel caso la polizia è riuscita a catturare l’uomo prima che questi potesse mettere in pratica i suoi “loschi” piani.
L’algoritmo si preoccupa anche di mettere in relazione i profili dei due utenti tra i quali è in corso la chat per tentare di carpire altre utili informazioni su quello che potrebbe essere un futuro crimine. Nel caso citato sopra, ad esempio, l’età dei due utenti e alcuni gruppi di parole scambiate in chat hanno lasciato intuire un tentativo di adescamento su minore.
Attacco alla libertà o controllo sull’illegalità? Forse il confine è davvero troppo sottile.
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