La distorsione dell’attenzione (attentional bias) è un’altra gran fregatura. In pratica è la tendenza che hanno le persone a essere influenzate dai pensieri che sono ricorrenti in quel preciso momento. In questo modo si può spiegare il fatto che una persona non riesce a considerare altre strade percorribili a causa di alcune idee che indirizzano il ragionamento in una certa direzione.
Anche qui facciamo un paio di esempi generici in modo da inquadrare questo bias. Generalmente si prende il caso di un fumatore o di un drogato (e purtroppo per me sono praticamente la stessa cosa) che risulta prigioniero del pensiero sul fumo/droga perché gli risulta collegato a pensieri positivi. Numerosi studi sono stati condotti su fumatori ed ex fumatori, confermando che la distorsione dell’attenzione gioca un ruolo molto importante nella dipendenza. E quindi nel sistematico fallimento di tutti i tentativi di allontanarsi dalla sostanza da cui si dipende.
Rientrano in questo ambito anche altre situazioni come il non considerare l’insieme delle caratteristiche, concentrandosi invece solo su alcuni dettagli, vedremo poi come.
La distorsione dell’attenzione nel marketing
Di sicuro è più probabile che le persone eseguano una determinata azione quando la loro attenzione è concentrata solo su pochi dettagli invece che frammentata in più cose.
Nei corsi di marketing (che sia tradizionale o digital) spesso si consiglia agli studenti di prestare attenzione alla lunghezza e alla complessità di claim e payoff. Il claim è in genere la frase presente in una certa campagna pubblicitaria, per esempio “La potenza è nulla senza controllo” della Pirelli. Il payoff, invece, è la frase che sta tipicamente insieme al logo e che comunica all’utente un valore o una caratteristica tipica di quel brand (per esempio “Just do it” di Nike).
Sono frasi brevi, semplici, sono dirette, sono inequivocabili. L’utente non deve perdersi, non deve confondersi. Esattamente come accade con le CTA (Call To Action) che devono farti compiere una determinata azione: “Clicca qui”, “Acquista ora”, “Scopri di più”. Insomma, ci siamo capiti.
Una cosa simile avviene anche in altre situazioni. Per esempio, in un negozio una scatola/confezione particolare può attrarre l’utente verso lo scaffale di un prodotto che non pensava assolutamente di acquistare fino a un istante prima. Ne riparleremo nel capitolo 2 per l’effetto Von Restorff. E lo stesso vale per pubblicità con colori vivaci, elementi in movimento e musica orecchiabile quando si cerca di far ricordare un prodotto o un brand.
In un certo senso anche far arrivare i post sponsorizzati di un social network solo a persone che sono interessate all’argomento trattato è in parte da ricollegare al concetto di attenzione e di distorsione dell’attenzione. È più probabile che l’interesse di un utente venga catalizzato da un post che parla di un argomento congeniale ai suoi interessi.
L’attenzione viene catturata e mantenuta anche da altri elementi che poco o nulla hanno a che fare con il prodotto. Pensiamo a quante persone acquistano un certo oggetto solo perché il proprio beniamino (sportivo, musicista, attore, politico) ne è il testimonial. Cosa decisamente ottima se parliamo di beneficenza, donazioni, aumento della consapevolezza riguardo a temi sociali o sanitari. Ma non così allegra quando si parla di un materasso o di un caffè.
Sempre parlando di attenzione si faccia caso ai contenuti interattivi che tendono a interessare di più e per più tempo, dato anche il livello più alto di partecipazione dell’utente. Sto pensando a sondaggi, giochi, quiz etc.
Fra l’altro, se ti faccio concentrare su una certa caratteristica è molto probabile che tu non riesca a focalizzarti su altri aspetti. Così ti posso vendere un prodotto che magari ha un difetto o un punto di debolezza perché ho attirato la tua attenzione in un altro posto. È un po’ il giochino del mago che fa sparire l’elefante perché ti fa guardare in un’altra direzione mentre esegue il trucco. So che la scheda grafica di questo computer non è il massimo della vita, scriverò a caratteri cubitali che il pc ha 32 GB di RAM così siamo a posto.
I truccatori professionisti spesso accentuano alcune caratteristiche del volto di una persona per fare in modo che altre caratteristiche si notino meno. E devo ammettere che funziona alla grande. Le donne sanno benissimo come nobilitare certi punti del proprio aspetto fisico, abbassando il livello di attenzione su ciò che invece non amano. E noi uomini ci caschiamo con tutte le scarpe.
La distorsione dell’attenzione nella disinformazione
Nell’arte della disinformazione si ricorre spesso a tecniche per distrarre la persona dal fulcro della questione, facendola concentrare su cose secondarie o addirittura inutili. Per esempio, si possono utilizzare argomenti o dettagli di poco conto per distrarre il lettore da questioni importanti, spingendole a focalizzarsi su cose irrilevanti. Pensiamo a fatti di cronaca dove vengono prese informazioni non-chiave ed elevate a caratteristica primaria. Il fatto che una persona morta in un incidente fosse vaccinata non è per niente interessante ma può far scattare il trigger a molti complottisti.
Pensiamo alla creazione di polemiche fittizie, una vera e propria arte che spopola nei social. L’agente provocatore (o il cretino di turno) può generare da zero discussioni infinite al solo scopo di attirare l’attenzione e l’interazione degli utenti. Questo crea un gran putiferio di faccine deficienti che ridono, persone che la prendono sul personale e iniziano a offendere, provocando la reazione degli altri che a loro volta offendono etc. Tecnicamente una Pagina Facebook potrebbe andare avanti anche solo con roba simile, l’engagement è più che garantito. Ma la cosa che fa più arrabbiare è il fatto che spesso si creano volutamente queste zuffe virtuali per far concentrare le persone sulle questioni divisive e non sui fatti veri e accertati.
E cosa dire delle citazioni false? Citazioni false, fuorvianti o completamente fuori contesto possono portare le persone a concentrarsi su un’affermazione specifica senza che la stessa sia mai stata proferita. O senza fornire il contesto necessario per comprenderla davvero. Di esempi è pieno il web fra S. Francesco, Maria Antonietta, Einstein, Voltaire etc.
Ma l’uso politico che viene fatto delle citazioni false è davvero pericoloso perché talvolta basta una frase per far apprezzare o detestare un uomo.
Tipo:
- il virgolettato “Fascismo male assoluto” in realtà mai pronunciata da Fini
- “Italiani fate sacrifici, non lamentatevi” mai detta da Gentiloni
- “Gli italiani non muoiono mai” che Padoan non ha mai detto
- o la frase “Con la cultura non si mangia” attribuita a Tremonti ma da lui mai pronunciata.
E non è una questione da poco, con roba simile si può influenzare l’opinione pubblica, modificare equilibri e addirittura far cadere governi.
Lo stesso si potrebbe affermare anche per i terrificanti titoli sensazionali che servono proprio per fare la pesca a strascico dei grulli. I post e gli articoli di disinformazione (specialmente online) spesso utilizzano titoli a effetto o enfatizzati artificialmente per catturare l’attenzione degli utenti, portandoli a concentrarsi sulla drammaticità del titolo piuttosto che sulla veridicità delle affermazioni.
Tanto, una volta letto il titolo si può passare direttamente alla cosa che preferiamo in assoluto: l’indignazione. E a sua volta, questa porta alla seconda cosa che amiamo di più: condividere le cazzate per primi. In modo da sembrare quelli più informati, più sul pezzo e più competenti di tutti. Lo facciamo istintivamente e velocemente, senza pensare, senza verificare, senza nemmeno sapere cosa diavolo significasse davvero quel titolo, figurati se perdiamo tempo a leggere l’articolo…
Poi c’è il discorso dei falsi documenti. Quando non hai un tubo di prove a sostegno delle tue strampalate ipotesi, puoi sempre inventarti qualcosa. E cosa c’è di meglio di un “documento ufficiale” che ti dà ragione? Presentare documenti e/o prove falsificate può indurre le persone a concentrarsi sull’apparenza di autenticità (un nome, un Ente, un’Università, il titolo di un libro magari inesistente, grafici fantasiosi, meme etc.) senza verificare l’autenticità stessa.
Chiaramente, più grande è la bugia e più la gente ci casca. E allora via con:
- certificati di nascita di Obama in Africa
- saggi che dimostrano che col veleno dello scorpione azzurro si cura il cancro
- video della base USA su Marte con le astronavi
- foto di brevetti del Covid19 come arma batteriologica inventata dai cinesi, anzi americani, anzi Bill Gates, anzi Rothschild.
Ma al contempo non dimentichiamoci mai che Colin Powell nel 2003 si presentò davvero al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite con una fialetta piena di boh per dire che era giusto invadere l’Iraq.
Potrei continuare parecchio. Ci sarebbe da citare una montagna di roba come la manipolazione delle immagini per enfatizzare specifici aspetti al fine di creare un impatto visivo ed emotivo che spinga le persone a concentrarsi su quello che è stato alterato piuttosto che su ciò che è vero, perdendo di vista la questione iniziale (roba con livelli di zoom tecnicamente impossibili che dimostra ovviamente che il perfido mainstream inganna il povero popolo buono).
Potrei parlare della presentazione selettiva di dati e statistiche che può ovviamente portare le persone a concentrarsi solo su un aspetto, un dettaglio, una parte della storia. E così trascurando informazioni cruciali che potrebbero, se considerate, cambiare la percezione complessiva delle vicende.
Oppure potrei citare il sensazionalismo emotivo che viene utilizzato come arma per catturare l’attenzione, facendo leva sulle emozioni degli utenti e portandoli a concentrarsi solo sull’aspetto emotivo della narrazione, piuttosto che sulla sua validità (“Chi pensa ai bambini???” di simpsoniana memoria).
Potrei ricordare la manipolazione o l’invenzione di sana pianta di testimonianze che portano le persone a concentrarsi sulla presunta dichiarazione del testimone invece che sulla sua credibilità. Pensiamo a quante volte si è parlato di false flag dopo un attentato, portando prove ridicole. Ci torneremo, con calma.
La distorsione dell’attenzione nella vita sentimentale
Possiamo iniziare da una generalizzazione (ben coscienti che di generalizzazione si tratta) sui parametri che portano una persona ad essere attratta da un’altra. Qui, spesso, esistono differenze tra cosa colpisce un uomo e cosa una donna. Ribadisco per l’ennesima volta: sono generalizzazioni che lasciano il tempo che trovano ma che hanno un fondo di verità.
Il trigger per il maschio è più frequentemente di tipo fisico, anche uscendo dal solito cliché viso/tette/culo. Può darsi che una parte ben precisa possa rimbecillirlo al punto tale da non riuscire più a vedere le caratteristiche negative che magari sono presenti. Potrebbero essere gli occhi, il sorriso, la camminata.
Per una donna, invece, più spesso è una combinazione di fattori (è innegabile che le donne siano più complesse degli uomini). Tra queste il prestigio, il fascino e la simpatia hanno un’importanza indiscutibile.
È ovvio che poi si impara a conoscere e ad apprezzare una persona per un insieme di caratteristiche. Entrano in gioco altre cose che richiedono tempo, come i sentimenti. Qui stiamo parlando solo di attrazione iniziale. Può essere connessa anche all’insicurezza che si prova a causa delle proprie imperfezioni fisiche, sulle quali alcuni si concentrano, magari eccessivamente, e che poi condizionano autostima e comportamento.
Una persona può percepire minacce alla propria relazione o notare segni che fanno pensare che il partner lo tradisca anche quando non esiste niente di tutto questo. Oppure può interpretare azioni normalissime come indicatori di una prossima crisi della relazione, spesso fraintendendo il tono della voce o alcune espressioni facciali attribuendole a sentimenti negativi.
In aggiunta, capita di trascurare e non dare importanza ai tentativi di riconciliazione che provengono dal partner, a causa delle proprie fissazioni. Rientra in questo ambito anche una certa tendenza ad analizzare in modo eccessivo i messaggi/Whatsapp del partner, alla ricerca di spesso inesistenti significati nascosti.
Ed è distorsione dell’attenzione anche quando una persona continua a rievocare continuamente passate discussioni e passati errori commessi dal partner rendendo in pratica impossibile la crescita e la maturazione della relazione sentimentale, vale ovviamente anche per le amicizie. Ma lo è anche l’esatto contrario quando ci si ricorda passati atti di gentilezza e di romanticismo concorrendo all’idealizzazione del partner e rendendo molto difficile il confronto con la realtà oggettiva.
Chiudo citando uno studio del 2019, effettuato su un campione di studentesse universitarie cinesi, che ha collegato la distorsione dell’attenzione alla forma del sentimento nella fase iniziale di innamoramento, riconoscendo che è utile per proteggere la coppia dalla tentazione di lasciarsi sedurre da altre persone e per garantire una relazione più duratura.
In parole povere: il bias ti fa vedere solo ed esclusivamente il partner così non ti viene voglia di divertirti altrove. A volte i bias aiutano…
Estratto da “L’arte delle fregature” di Lamberto Salucco