L’effetto illusorio di verità (illusory truth effect) è in pratica una tendenza a credere che una certa cosa sia vera se per te risulta semplice da elaborare oppure se è stata affermata molte volte. E questo non tiene assolutamente in conto se la cosa in questione è effettivamente vera o no.
Si tratta di uno dei pascoli migliori per i pecoroni che credono alle fake news. Ma le informazioni non diventano corrette solo perché sono state ripetute mille volte o perché ti tornano.
Purtroppo, capita che si valuti la veridicità facendo affidamento sul fatto che le informazioni siano in linea con la nostra comprensione o sul fatto che ci risultino familiari.
In effetti, se ci pensiamo bene ha abbastanza senso: è un comportamento naturale confrontare le nuove informazioni di cui entriamo in possesso con ciò che già sappiamo essere vero. Il casino peggiora quando ci sono anche le ripetizioni.
Con le ripetizioni è più facile che ci risultino vere perché ci sono familiari. Eh, grazie al… A forza di ripeterle risultano familiari per forza, no?
Esatto. E noi ci caschiamo.
L’effetto illusorio di verità nel marketing
Sono stati condotti diversi studi negli Stati Uniti d’America sul rapporto fra ripetitivo e valido. Tutti hanno dimostrato una correlazione diretta e chi si occupa di marketing o di comunicazione politica lo sa bene.
Pensiamo ai testimonial o alle recensioni positive. Dopo averne viste e lette molte è ovvio che possiamo essere influenzati nella scelta di un prodotto e l’informazione che abbiamo ricevuto ripetutamente può risultare nella nostra mente come vera e affidabile. Infatti, un brand che comunica continuamente viene percepito come più presente e, con un sillogismo poco furbo, più degno di fiducia.
Anche in questo caso, le musichette orecchiabili (che quindi ti si incastrano nella memoria) oppure volti familiari in uno spot giocano un ruolo importante riguardo alla familiarità di un prodotto o di un brand.
Agendo insieme allo scarcity bias, la ripetitività di uno spot può convincerci che su quel volo sono davvero rimasti pochi posti a quel prezzo vantaggioso o che quella certa offerta di divani che scade domenica non verrà più rinnovata.
Rientrano parzialmente in questa fattispecie anche messaggi come “milioni di clienti soddisfatti hanno scelto X” o espressioni come “leader nel settore” o “il migliore sul mercato” che creano il presupposto per consolidare l’immagine di un certo prodotto.
Si può vedere come effetto illusorio di verità anche un payoff/claim ripetuto e associato al logo come “Have a break, have a Kit Kat“ oppure una lista di benefici o caratteristiche di un prodotto elencate in modo martellante nelle pubblicità.
L’effetto illusorio di verità nella disinformazione
Nel mondo dei social network la situazione sull’effetto illusorio di verità è terribile. Se è vero (come è vero) che stiamo parlando di cose familiari e ripetute spesso, va subito presa in considerazione la realtà di un utente che si circonda di persone che hanno cose in comune con lui. Non è un peccato mortale, lo facciamo tutti. Tutti.
E questo va benissimo: chi ama un certo tipo di musica, di teatro, di cinema, di letteratura, di filosofia, di politica, di sport prova piacere a confrontarsi con persone che condividono la sua stessa passione. Il macello esplode quando si inizia a rimanere prigionieri di una sorta di bolla cognitiva dove gli unici post che vedrai saranno quelli che ti daranno ragione.
Si sa che gli utenti seguono molte Pagine, persone famose, amici, Gruppi etc. E si sa che lo spazio per mostrare i contenuti è limitato. Molto limitato, anche a causa dei contenuti sponsorizzati. E così Meta, Twitter/X, LinkedIn devono scegliere cosa mostrarti. Ma loro vivono delle tue interazioni, quindi ti mostrano ciò che più probabilmente ti farà venire voglia di interagire. E indovina cos’è? Quello che pensi anche tu e al quale hai già messo like, commenti etc. Piano piano ti chiudi in un recinto dove vedi i contenuti di pochi utenti e Pagine. Quei contenuti si ripeteranno più volte. La ripetizione e la familiarità ti porteranno a percepirli come validi e li vedrai sempre più spesso. Ci interagirai. E li vedrai ancora più spesso. A un certo punto ti convincerai che tutti la vedono in quel modo anche se non è vero.
Durante la pandemia, per mesi Trump ha affermato che l’idrossiclorochina era un metodo efficace per combattere il Covid19, nonostante non ci fosse alcuna prova. Risultato? Decine di migliaia di persone contattarono il medico di famiglia per farsela prescrivere. Questi rintronati ovviamente seguono solo altri rintronati che la pensano allo stesso modo, creando l’effetto echo chamber: una bischerata ripetuta e condivisa da tutti (non sono affatto “tutti” ma a te sembra di sì perché sei prigioniero della tua bolla cognitiva) cresce a dismisura e assurge a dignità di scientificamente valido.
Solo nel 2017 circolarono sui social megabufale senza uno straccio di fondamento ma che fecero il giro del mondo. “Esistono uragani di categoria 6”: più di due milioni di persone hanno condiviso questa storia su una categoria di uragani che non è mai esistita. “Il comico Sam Hyde è stato responsabile degli attacchi terroristici sul London Bridge” e ovviamente non era affatto vero. “Un imam canadese ha chiuso le porte della sua moschea alle vittime cristiane della tempesta Harvey”, chiaramente un’altra invenzione senza senso.
Più sono grosse e più girano. Ma come mai? Perché a loro piace un monte essere visti come quelli svegli della cucciolata, quelli che hanno scoperto una cosa enorme. Così possono dire agli altri qualcosa che gli altri non sanno. E più è grande e importante, più si sentono grandi e importanti. E su su con l’escalation si arriva a negare la Storia, la Fisica, la Medicina, l’Astronomia. In una gara al massacro per ritagliarsi qualche like di approvazione da parte di altre scimmie illetterate con le quali risuonare nelle echo chamber.
E allora ben vengano gli articoli pseudoscientifici! Perché a loro risultano fighi e adatti per sostituire la scienza che non hanno mai imparato perché hanno (forse) finito il liceo a fatica.
Ben vengano i cosiddetti “ricercatori indipendenti”! Che non sanno un corno ma sono liberi e non comprati dai poteri forti: stessa identica, patetica narrazione di quando arrivarono i Grillini in Parlamento.
Ben vengano i VIP come il già citato Trump o Heather Parisi che, con le bufale che condividono, catalizzano il rispetto e l’adorazione di orde di imbecilli ebbri di bias, euristiche e forse anche di qualche grappino di troppo…
L’effetto illusorio di verità nella vita sentimentale
Anche qui, come per l’euristica della disponibilità, potrei iniziare dalle storie d’amore (o di amicizia, non è detto che cambi qualcosa) idealizzate. Perché le relazioni sono perfette nei racconti degli amici o nei social media, dove ci si fanno 68 foto che fanno schifo per poi postare solo quella venuta bene o la story dove ci si incensa a vicenda mentre magari abbiamo appena finito di litigare furiosamente. Sono perfette nei film, al teatro, nei romanzi, nelle serie tv. Se non sono perfette c’è sempre un motivo validissimo e si riuscirà a risolvere il problema. E qualora non si riuscisse a risolvere il problema sarebbe comunque il trionfo della tragedia immane che eleva gli spiriti e ti fa credere nella nobiltà del sacrificio e della sofferenza blablabla.
Se ti riesce di non cadere nella trappola della “narrazione amorosa multimediale” ti fregheranno i racconti tramandati da generazioni nella tua famiglia. E, visto che te li hanno ripetuti più volte di un tormentone sudamericano estivo, va a finire che un pochino ci crederai anche tu.
Ma questa roba ha anche effetto su altri aspetti. Pensiamo a frasi ormai ripetute come mantra tipo “gli opposti si attraggono” o “l’amore vince su tutto” che in effetti non vogliono dire un cacchio (a me ricordano molto il fatto che pestare una merda porti fortuna) ma che alla fine trovano un posticino comodo nella tua mente, ci si annidano e possono anche influenzare il modo in cui tu vedi le relazioni interpersonali.
E poi ci sono le ripetizioni di sedicenti tradizioni che ti dicono che ti devi sposare, ti dicono a che età ti devi sposare, ti dicono che dopo il matrimonio devi fare un figlio, ti dicono che poi ne devi fare un altro, ti dicono che devi mettere la testa a posto, ti dicono che devi trovarti un lavoro vero, ti dicono come si deve comportare un Uomo (o una Donna), ti inculcano stereotipi sul genere, sulle preferenze personali, sui gusti sessuali. Creano aspettative e ti fanno sentire inadeguato se non sei “come devi essere” perché “si fa così”. O meglio: perché “si è sempre fatto così”. Ma chi l’ha stabilito? Mavvaffanculo.
Ed è vero che basta ripetere una cosa all’infinito perché sembri reale. Pensiamo a quando uno dei partner viene scoperto a tradire l’altro. Gli entra nel cervello l’idea che sia sufficiente continuare a negare anche l’evidenza per convincere l’altro che la cosa non è mai avvenuta. E questo, in parte, funziona anche per autoconvincersi di qualcosa: se mi sento in colpa posso negare addirittura con me stesso e alla fine mi convinco di essere innocente.
Anche i comportamenti o gli avvenimenti ripetuti hanno ovviamente un grande peso nella vita delle persone e il campo dei sentimenti non ne è affatto immune. Anzi: pare che sia più sensibile di altri ambiti. Pensiamo, per esempio, a una persona che nella vita ha sperimentato numerose delusioni amorose o che è stato tradito da più di un amico: quando inizierà una nuova amicizia o una nuova relazione sentimentale potrebbe provare un senso di malessere dato dal pensiero opprimente di non essere più in grado di evitare prima o poi il fallimento.
Estratto da “L’arte delle fregature” di Lamberto Salucco