Anche questo bias riguarda la memoria ed è simile a cose che abbiamo già trattato in precedenza. La memoria dipendente dallo stato (mood-congruent memory o state-dependent memory bias) è il fenomeno per il quale la gente ricorda un numero maggiore di informazioni se il loro stato fisico oppure mentale è uguale a quello che avevano al momento della codifica.
Viene studiato sia per gli stati sintetici di coscienza (come quando sei sotto l’effetto di sostanze psicoattive) sia per quelli organici (come l’umore). La memoria dipendente dal contesto coinvolge l’ambiente esterno e le condizioni esterne di una persona. Infatti, per la dimenticanza dipendente dai segnali avevamo parlato della stanza utilizzata per studiare e quella dove si sosteneva l’esame. Invece la memoria dipendente dallo stato si applica alla parte interiore della persona.
Se ti stai rilassando e divertendo è probabile che questo richiami nella tua memoria ricordi felici e divertenti. Allo stesso modo, se sei triste è possibile che ti ricorderai cose poco piacevoli. E diventa particolarmente difficile se si considera che il bias da memoria dipendente dallo stato è statisticamente più frequente fra le persone che soffrono di depressione.
La memoria dipendente dallo stato nel marketing
Partiamo con una cosa davvero semplicissima: uno spot televisivo strappalacrime natalizio (dato che sto scrivendo a dicembre), trasmesso nel periodo natalizio. Sì, mi piace vincere facile… Vedere le persone contente, le famiglie riunite, la musichetta spensierata con richiami ovunque al Natale può creare una connessione emotiva forte e particolarmente duratura con il brand. Occhio, non ho citato la musica a caso. È un’arma potente per poter suscitare (e poi in seguito richiamare) stati d’animo che possono avere effetto sulle decisioni di acquisto e su come la nostra mente ricorda il prodotto.
Funziona nello stesso modo anche con la nostalgia, come ho già accennato. E qui forse è ancora più calzante perché parliamo di cosa hai dentro, delle sensazioni che derivano dall’umore. L’apoteosi sarà una cosa tipo risentire la vecchia pubblicità di un brand che esiste ancora. E infatti lo fanno. E noi ci caschiamo.
Comunque, devi far stare bene l’utente. Quando l’utente sta bene, va tutto bene. Se l’utente è triste è un casino ma se invece è contento si dimenticherà le recensioni negative che ha letto, si scorderà di eventuali critiche che hai ricevuto sul tuo comportamento dal punto di vista etico, sarà più incline a non soffermarcisi troppo.
Sarà anche più invogliato a condividere l’esperienza vissuta nel locale o con il prodotto e sarà anche più vulnerabile alle offerte e promozioni che riceverà. Poi se la ricorderà come un’esperienza positiva, il che fa davvero comodo per poter creare una base solida di affezionati.
La memoria dipendente dallo stato nella disinformazione
Dobbiamo tenere presente che la disinformazione utilizza spesso un tipo di narrativa molto forte dal punto di vista emotivo. Se una fake news evoca sensazioni intense, è possibile che una persona che si trova in uno stato di rabbia o di paura sia più vulnerabile alla notizia. E non solo sarà per lui più facile credere a ciò che gli viene raccontato ma se lo ricorderà anche in modo più vivido.
In un secondo momento, quando si troverà nello stesso stato emotivo, troverà semplice ricordare quello che gli è stato raccontato. E questo creerà un effetto loop che rinforzerà il ricordo e l’idea che sia una notizia vera.
Questo fenomeno può essere ovviamente aiutato e amplificato con l’uso di immagini e di musica potente, incalzante, carica di energia. In questo modo si otterrà una risposta emotiva forte che creerà un legame con ciò che è stato visto. Fateci caso: tutti i video a scopo complottista mostrano immagini forti, musica angosciante, usano toni e termini apocalittici: “fine del mondo”, “strage”, “satanisti” etc. Il giochino funziona, specialmente coi deboli di comprendonio. Funziona mentre lo guardi e funziona quando deve tornarti alla mente.
Ma il meccanismo non è solo questo. Quando è sospettosa o soffre di ansia, la gente è più portata a credere in qualcosa che supporta il loro punto di vista triste e oscuro. È un po’ come ascoltare musica malinconica quando sei malinconico, in pratica fai scopa. E accade anche quando sei sopraffatto dalla paura, le narrazioni piene di terrore e di pericolo ti si confanno perfettamente e si annidano nella tua memoria. A quel punto il fatto che siano credibili o meno non è più importante.
Ovviamente tutte queste cose funzionano molto bene durante i periodi di tensione politica, di incertezza finanziaria, di guerra, di sbandamento sociale, di “perdita dei valori tradizionali” (come dicono loro) etc. E questo momento storico sta fornendo il terreno perfetto per roba del genere. Il problema è che diventa insieme causa ed effetto. Ne è un effetto per ciò che abbiamo detto fino a ora ma a propria volta fa in modo che le persone più fragili non riescano a uscirne, rinforzando le loro paure, i loro dubbi, le loro fobie.
La memoria dipendente dallo stato nella vita sentimentale
Pensiamo a una coppia che sta vivendo un periodo particolarmente felice: tutto fila liscio, c’è grande armonia etc. In questo periodo, gli atteggiamenti positivi sono particolarmente positivi e le situazioni belle sono decisamente belle. Quando in futuro, durante un altro momento idilliaco, si ripenserà al periodo precedente c’è una buona possibilità che si vedano le cose ancora più rosee di come sono davvero state. E che si tenda a scordare o sottostimare eventuali conflitti o difficoltà affrontate.
Teniamo ben presenti anche i fattori esterni di stress, roba che può mettere a dura prova anche la relazione (di amicizia o sentimentale) più solida: problemi finanziari, problemi di lavoro, problemi di salute.
Poniamo il caso che due persone stiano affrontando un periodo stressante ed è quindi ovvio (è il rovescio della medaglia di quanto detto in precedenza) che i momenti negativi e i conflitti verranno ricordati in modo vivido e che potrebbero influenzare la percezione del valore del rapporto, specialmente quando si rivivranno periodi difficili. Perché sarà il momento in cui si ricorderanno meglio le difficoltà e le questioni divisive.
Purtroppo, sono molte le cose coinvolte dalla memoria dipendente dallo stato. In un periodo più stressante o “depresso” si tenderà anche a fare più caso agli errori del partner o addirittura a interpretare in modo sbagliato il suo comportamento, magari vedendo rivalità, provocazione o disprezzo anche se non esistono. Questo porterà a ricordare avvenimenti simili (a prescindere dal fatto se siano accaduti realmente o se fossero a loro volta fraintendimenti) che possono rinforzare i pensieri negativi in una spirale alla quale non è affatto semplice sfuggire.
Ma non ci scordiamo nemmeno l’aspetto positivo di questo bias. Sono molte le cose belle che possono succedere:
- festeggiare le ricorrenze gioiose può riportare alla mente altri momenti simili e felici
- riuscire a risolvere un conflitto mette le persone in uno stato d’animo perfetto per ricordare insieme altri problemi che sono stati in passato superati
- ridere insieme di qualcosa può risvegliare ricordi divertenti e far cambiare l’umore in meglio
- nei momenti di tenerezza e di intimità è più facile che si ricordino situazioni simili passate insieme.
Tutte queste cose richiamano ricordi positivi che fanno bene all’umore e rafforzano i rapporti. Anche salutarsi con calore quando ci si rivede, magari la sera o dopo qualche tempo, può far scattare memorie positive e avere un impatto sulla percezione della relazione. Allo stesso tempo, occorre fare però attenzione alle conseguenze negative.
Per fare un esempio, durante una discussione le persone tendono a dimenticarsi le volte che sono riuscite a mettersi d’accordo e a superare un problema, finendo poi per concentrarsi più sulle cose che li dividono invece che su quelle che li uniscono. Ci si scordano le lezioni imparate dalle precedenti liti. Si riparte da zero come se non si avessero gli strumenti per poter capire la posizione dell’altro. Tecnicamente ci sarebbero ma quel preciso stato d’animo non ce li fa ricordare.
Siamo abbastanza scemi.
Estratto da “L’arte delle fregature” di Lamberto Salucco