L’arte delle fregature – 1.10 – Distorsione da omissione

Questo bias è abbastanza famoso. O meglio: è un po’ meno sconosciuto rispetto a tanti altri che tratto in questo libro. In parte questo deriva dal fatto che esiste un esempio di distorsione da omissione che è noto al grande pubblico.

Ma andiamo con ordine. La distorsione da omissione (omission bias) è quel cortocircuito mentale che ti fa giudicare le azioni in qualche modo dannose (chiamate commissioni) come peggiori o moralmente meno positive, rispetto alle inazioni ugualmente dannose (chiamate omissioni). In pratica stiamo parlando di chi dice che è preferibile non agire rispetto ad agire. “Io non ho fatto nulla!”.

Pensiamo a un genitore che decide di non far vaccinare il proprio figlio perché pensa che il non agire sia l’opzione che lo fa “rischiare meno”. Se qualcosa dovesse andare storto, si sentirebbe più colpevole se avesse fatto vaccinare il figlio (azione) e si fosse scatenata una reazione avversa piuttosto che se il figlio si ammalasse da non vaccinato (inazione).

Ma l’esempio famoso di cui parlavo prima è quello del caso del carrello su rotaie. Ce ne sono mille versioni, citerò quella originale del 1967. Un autista di tram guida un veicolo sul binario A e non si può fermare. Sulla traiettoria attuale del tram si trovano cinque individui legati e il veicolo sta andando verso di loro. C’è un secondo binario B sul quale si trova un’altra persona legata. Cosa fai? Lasci che il tram continui sul binario A e uccida cinque persone o attivi lo scambio e provochi la morte di una sola persona sul binario B?

La questione non è certo semplice ma non agire ci sembra più innocente. Se non faccio niente, il tram ammazza cinque persone ma mica ce l’ho messo io sul binario A! Se invece aziono lo scambio salvo cinque vite ma indirettamente accoppo il povero tizio perché il tram sul binario B ce l’ho piazzato davvero io…

 

La distorsione da omissione nel marketing

Per esempio: come reagisci davanti a una recensione negativa sulla tua pagina aziendale? Chiudi gli occhi e ti tappi le orecchie senza fare nulla, sperando che la gente si scordi di ciò che c’era scritto (inazione) oppure prendi provvedimenti e chiami un professionista che ti consigli cosa rispondere (azione)? Direi che spesso fai bene a fare qualcosa, fosse anche solamente sentire un parere autorevole.

Ci sono anche aziende che preferiscono evitare di aprire account social per la paura dell’interazione con gli utenti. Certo, esistono poche cose tristi come una Pagina Facebook o un account Instagram aggiornato solo ogni morte di Papa ma siamo sicuri che evitare di confrontarsi sia un’idea così geniale? Mentre noi restiamo in un angolo a tremare perché non vogliamo rischiare di comunicare coi clienti, altri brand si buttano un po’ di più, crescono, prendono confidenza coi vari canali, parlano con i propri utenti, si costruiscono un passato digitale. E questo alla lunga paga sempre.

E la lista delle omissioni in questo ambito potrebbe essere davvero lunga. Decidere di non espandersi in nuovi mercati facendosi sopraffare dall’eccessiva percezione dei rischi senza invece calcolare le opportunità di crescita. Ma anche lasciare invariati i prezzi dei propri prodotti senza adeguarli per rimanere competitivi, magari perché si ha paura della reazione dei clienti. Oppure ritardare l’aggiornamento di un servizio offerto, di una collaborazione con un altro marchio, della formazione interna del personale, di una campagna pubblicitaria e così via.

Ma la distorsione da omissione potremmo anche subirla noi come banali utenti. Chi di noi, per esempio, ha mai letto interamente i famosi “Termini di utilizzo” di un sito, di un’app, di un oggetto acquistato? Ve lo dico io. Nessuno. Passiamo la vita a dare il consenso a cose che non leggiamo. Cose che, se le leggessimo, non capiremmo. Ma tanto non le leggiamo.

L’artista Dima Yarovinsky ci ha fatto l’opera “I agree”, andatevela a cercare. Ecco. Se in un documento del genere si inserisce qualcosa che richieda da parte dell’utente un’azione per personalizzare le preferenze, scatterà l’omission bias. Yarovinsky dice che una persona normale legge circa 200 parole al minuto e che un documento medio di “Terms and conditions” è composto da quasi 12000 parole. Quindi dovrei leggere circa un’ora per poi magari incasinarmi con gergo tecnico, espressioni di tipo legale/commerciale e non capire una seganulla. Ovviamente me ne frego, clicco OK e si starà a vedere.

Ma sappi che ti fregano anche quando ti fanno sottoscrivere un periodo di prova gratuito alla fine del quale tu devi ricordarti di dare disdetta. Fermo restando che il problema principale sarà la fallacissima memoria da pesce rosso che ti ritrovi, ci sta anche che tu ci aggiunga una gran bella distorsione da omissione e tu eviti di agire, lasciando le cose come stanno.

 

La distorsione da omissione nella disinformazione

Questo bias è una vera e propria manna per i disinformatori seriali e per i vari figli d’un cane che usano la disinformazione a scopi commerciali e politici. Il solo fatto che un utente decida di non controllare la veridicità di una notizia prima di farla girare per mezzo mondo accompagnandola con frasi piene di indignazione per cose che non esistono nemmeno, dovrebbe disgustare chiunque abbia il quoziente intellettivo almeno di un’ameba.

Per entrare un po’ più nel dettaglio, pensiamo a quando notiamo una bufala colossale nel post di un nostro amico e non facciamo nulla. Se quella persona se lo merita, va avvisata, va convinta a rimuovere il contenuto in questione e magari va anche aiutata a comprendere che una notizia falsa può portare a conseguenze anche importanti. Se invece la persona che ha commesso il fatto non se lo merita, si può segnalare direttamente il contenuto alla piattaforma e poi si può anche bloccare l’utente. Qualora ci sia stato un comportamento pericoloso, prima di bloccarlo potresti fare un giro sul suo profilo per vedere se ci sono anche altri post da poter segnalare. In genere io faccio così.

Certo, la procedura è estenuante e spesso frustrante perché non porta a niente. Ma credo che sia comunque un tentativo da fare anche se spesso sono proprio le piattaforme che non tutelano a sufficienza i propri utenti. E non parlo solo di quando ignorano le segnalazioni di decine se non centinaia di utenti ma anche degli errori che commettono in prima persona e che possono rientrare nella definizione di distorsione da omissione. Le piattaforme social tendono a sottovalutare i sintomi delle campagne di disinformazione quando sono ancora nella fase iniziale. In questo modo preferiscono l’inazione all’azione e ritardano tale azione fino al momento in cui il danno è già stato fatto.

E succede anche con i bot (software che gestiscono account social e che possono mettere like, commentare, condividere) e con quelli che ormai si chiamano troll (utenti che provocano e tendono a suscitare una forte reazione nelle altre persone, spesso per farle infuriare) perché se Meta o Twitter/X li elimina anche solo in parte dal proprio mondo, otterrà sicuramente un calo di interazioni sotto determinati contenuti. Quindi perderà soldi. E quindi non lo farà. O almeno, lo farà proprio proprio proprio lo strettissimo indispensabile.

Ma tanto, cosa volete sperare? Sapete cosa sono i deepfake? Sono contenuti che sono stati manipolati digitalmente per far sembrare che una certa persona compia determinate azioni.

Ecco, questa gente non rimuove nemmeno i deepfake più allucinanti e offensivi, fate voi.

 

La distorsione da omissione nella vita sentimentale

Nella vita sentimentale, numerosi esempi di fregature derivanti dalla distorsione da omissione riguardano la comunicazione fra i partner. Ed è noto che uno degli argomenti difficili da trattare in una coppia è l’amministrazione economica della casa. Capita spesso che un problema di soldi venga taciuto per paura di conseguenze pericolose per il rapporto. Paura di essere giudicati, paura di tensioni da gestire, paura di fraintendimenti etc.

Ma le coppie evitano anche talvolta di parlare di comportamenti che hanno portato a nervosismo oppure di delusioni ricevute. E lo fanno per un fine splendido ovvero per il proverbiale “quieto vivere” senza accorgersi che in realtà queste sensazioni continuano a covare sotto la cenere e che prima o poi riemergeranno, più forti e più pericolose di prima.

Succede anche che si eviti di parlare di desideri sessuali che vadano oltre la normale routine per paura di confessare qualcosa che (si ritiene) ci metterà in cattiva luce agli occhi del partner. Il risultato è una frustrazione che lentamente logora il rapporto. Se invece si aumentassero le occasioni di scambio sincero di opinioni su temi simili, la vita di coppia non potrebbe che beneficiarne.

 

 

Estratto da “L’arte delle fregature” di Lamberto Salucco

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Pubblicato "L'arte delle fregature - Prima Parte" di Lamberto Salucco - Rebus Multimedia

 

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Lamberto Salucco

(Firenze, 1972) – Sono un consulente informatico (ma laureato in Lettere Moderne), mi occupo di marketing (ma solo digitale), social media (ma non tutti), editoria (ma non cartacea), musica (ma detesto il reggae), formazione (ma non scolastica), fake news (ma non sono un giornalista), programmazione (ma solo Python), siti web (ma solo con CMS), sviluppo app (ma solo iOS e Android), bias cognitivi (ma non sono uno psicologo), intelligence informatica (ma solo OSINT), grafica 3D (ma niente CAD), grafica 2D (ma niente Illustrator), Office Automation (ma non mi piace Access).