L’arte delle fregature – 3.01 – Bias dell’ancoraggio

“We notice when something has changed” ossia “Notiamo quando qualcosa è cambiato”.

 

 

Nel terzo capitolo tratteremo qualche bias cognitivo che parla di cambiamenti e di differenze. Sono convinto che, nonostante ciò che pensate di voi stessi, troverete un buon numero di distorsioni che fregano anche voi.

Vedremo il bias dell’ancoraggio e come tendiamo ad affidarci eccessivamente a un’informazione quando dobbiamo prendere una decisione, il conservatorismo e quanto siamo resistenti a cambiare idea anche se ci portano prove del fatto che stiamo sbagliando, l’effetto di contrasto e quanto ci freghiamo mentre valutiamo una cosa da sola o in una sequenza, il bias di distinzione e quanto ci freghiamo mentre valutiamo una cosa da sola o insieme a un’altra, l’effetto di messa a fuoco e quanto ci freghiamo fissandoci su un dettaglio quando prendiamo una decisione, l’effetto di inquadratura e quanto ci frega il modo in cui ci vengono presentate le alternative, l’illusione di denaro e come ci frega pensare a cifre precise senza contestualizzarle e infine la legge di Weber-Fechner e di quanto ci possa fregare la relazione fra sensazione e stimolo.

 

3.01 – Bias dell’ancoraggio

Il bias dell’ancoraggio (anchoring) è la tendenza ad affidarsi eccessivamente a un’informazione quando si deve prendere una decisione, generalmente si tratta della prima informazione che abbiamo acquisito sull’argomento.

In questo modo tendiamo a sbagliare quando dobbiamo stimare un prezzo o una quantità perché siamo stati sottoposti alla cosiddetta ancora cioè l’informazione iniziale. E non è importante se tale informazione non è del tutto rilevante o affidabile. È una cosa primordiale come quasi tutti gli altri bias, non ci possiamo fare molto, ma conoscerlo ci può aiutare a limitarne i danni che, in molti casi, sono notevoli.

Chiaramente siamo più esposti al rischio dell’ancoraggio quando siamo incerti o incompetenti su un argomento e non abbiamo gli strumenti per stimare in modo preciso, per esempio, il valore di un prodotto.

Lo sperimentiamo quando in un ristorante vediamo un piatto costoso presentato (per fregarci) come opzione principale. Probabilmente valuteremo i prezzi degli altri piatti come più ragionevoli.

È anche alla base di meccanismi complessi che si possono osservare in azione durante riunioni nelle quali si sta contrattando, per esempio, il prezzo di una certa fornitura. In una trattativa simile, tutto gira intorno alla prima cifra che è stata pronunciata ad alta voce da una delle due controparti. Bene o male quella cifra diventa importante, chiunque parli successivamente dovrà confrontarsi con quella cifra, a prescindere da quanto fosse ragionevole o fuori di testa.

 

Il bias dell’ancoraggio nel marketing

Questa distorsione è perfetta per il marketing. Si parla di numeri, di percezione dei costi, di come si “legge” un prezzo. E ovviamente noi utenti siamo le vittime di tale giochino, facciamo subito qualche esempio.

Se vendo motociclette e all’ingresso del mio negozio metto una moto da 35.000 euro, i clienti appena entrati avranno subito un’ancora con prezzo elevato e le altre moto che vedranno sembreranno più economiche. Funziona anche mettendo due moto (una costosa e una più economica) accanto, quella più economica risulterà molto più economica di quanto sia in realtà.

Funziona anche con i pagamenti a rate. Una rata mensile bassa ci comunica un senso di accessibilità, quasi senza pensare alla cifra finale che potrebbe anche essere altissima.

L’ancora in questo caso è la rata mensile, si nota meno, invece, il totale.

Funziona anche con le offerte. Se mi fai uno sconto del 50%, del 60% o del 70% su un prodotto io posso pensare che sia un affare ma magari prima avevi gonfiato il prezzo.

L’ancora in questo caso è la scritta enorme che riporta la percentuale di sconto, ci fa scordare il prezzo finale o comunque lo fa sembrare più basso.

E funziona anche con le versioni “Premium”. Mettendo accanto un prodotto normale che costa X e uno Premium che costa molto più caro, il prodotto normale ci sembrerà improvvisamente più economico di quanto sia davvero.

E gli stessi esempi potrebbero essere fatti per situazioni anche diverse fra loro. Il prezzo iniziale di un bene messo all’asta condiziona moltissimo le offerte che verranno fatte e la percezione del valore del bene stesso. Oppure: in una trattativa sindacale si può iniziare la discussione con una richiesta salariale molto alta (troppo alta per poter essere accettata) ma ottima per creare un’ancora e fare in modo che l’accordo venga fatto su cifre importanti. Oppure: durante l’acquisto di un immobile, chi vende spara un prezzo molto alto. Sa bene che non verrà mai accettato ma la discussione a quel punto dovrà necessariamente tenerne conto e il prezzo finale non sarà lontanissimo dall’ancora.

Chiudo questa parte con un esempio odioso ma reale. Pensiamo a un colloquio di lavoro dove l’azienda sa che è in posizione predominante e non tocca mai (figli d’un cane) l’argomento stipendio. Il candidato potrebbe vergognarsi a chiedere quanto guadagnerà, pensando che una domanda fuori posto potrebbe condizionare in modo negativo il colloquio che sta sostenendo. Così il tempo passa e nessuno affronta l’elefante nella stanza. A un certo punto, l’azienda entra nel tema facendo un’offerta decisamente bassa. Sta piazzando un’ancora perché se dice 1000 all’inizio, forse poi ci accorderemo per 1300, massimo 1500 ma non certo 2000.

Un piccolo messaggio ai più giovani. Occhio, ragazzi, vi fregano. È chiaramente vostro sacrosanto diritto sapere quanto vi pagheranno, non abbiate paura a chiederlo. E presentatevi al colloquio con una cifra minima in testa sotto alla quale non dovrete mai accettare il lavoro.

 

Il bias dell’ancoraggio nella disinformazione

Il bias dell’ancoraggio gioca un ruolo importante anche nell’ambito delle fake news. L’esempio classico che viene in genere proposto riguarda una bufala che viene fatta girare velocemente e che riguarda un avvenimento inventato o che è stato distorto o appositamente ingigantito. Quella fake diverrà un’ancora nella memoria delle persone e, anche se in seguito dovessero arrivare altre informazioni che la correggeranno, è possibile che l’ancora della prima impressione non ti permetta di smettere di credere nelle informazioni errate. Ci torneremo in seguito.

Anche quando si sparano cifre folli e poi magari escono i report ufficiali con numeri completamente diversi, vediamo in azione il bias dell’ancoraggio. “Terremoto in X, si temono centomila morti” è un titolo fuorviante, impreciso, persino stupido. Ma ci crea un ordine di grandezza al quale ci agganceremo. Se poi verranno pubblicate le cifre reali, è possibile che il nostro cervello continui a ricordare quel “centomila” iniziale. Capita lo stesso con immagini o video falsi o presi da un altro evento e spacciati per reali. Può darsi che quella foto ti resti stampata in testa e che diventi un’ancora difficile da rimuovere. So che sembra in contraddizione con molte cose affermate in precedenza ma che vi devo dire? Stiamo parlando della complessità della mente umana mica di un pezzo reggae.

Purtroppo, anche la ripetizione di una notizia falsa può diventare un’ancora perché risulta familiare e quindi credibile, pensate quindi a quanti danni anche in questo senso può fare un ambiente malsano come una echo chamber sui social. E potremmo dire lo stesso per i falsi virgolettati di esperti del settore, per le foto di VIP accostate a prodotti, per i titoli giganteschi che annunciano ulteriori (inesistenti) sviluppi e dettagli nell’articolo, per i dati in libertà (morti, sbarchi, feriti, statistiche senza fonte). Tutte queste cose possono diventare un’ancora e noi, senza saperlo, le prendiamo come riferimento, come termini di paragone.

A volte ce ne accorgiamo e ci viene da sorridere pensando a qualche fesso che ci casca davvero. Stiamo però ignorando il vero pericolo ovvero il fatto che accorgersi di una cosa è certamente importante ma è solo il primo passo. Il bias può continuare tranquillamente a fare il proprio lavoro anche se pensiamo di aver smascherato la truffa, annidandosi nel subconscio e proseguendo l’opera di distorsione, installandosi come ancora con cui i nostri ragionamenti dovranno confrontarsi.

 

Il bias dell’ancoraggio nella vita sentimentale

Ed eccoci alla sfera affettiva. Qui l’ancoraggio ha fatto più danni della grandine e non conosco una sola persona che non mi abbia almeno una volta raccontato qualcosa che rientra in questo casino. Mi limiterò come sempre a pochi esempi che a me sembrano interessanti.

Quando si inizia una relazione, tutto è splendido e si tende a idealizzare il partner perché viva l’amore etc. L’ancora è proprio questa situazione idilliaca e onestamente irrealistica. Prima dell’amore propriamente detto, infatti, credo che esista una fase chiamata “innamoramento” in cui non siamo noi stessi, instupiditi dalla Natura che ci vuole far accoppiare in qualche modo. Con un’ancora di questa portata, diventerà successivamente molto difficile accettare i difetti che senza dubbio scoprirai nel tuo partner e i cambiamenti che entrambi dovrete affrontare.

Un’altra agghiacciante ancora è definita dalle relazioni passate, specialmente quelle finite male. Quando sei uscito da una storia drammatica, tutto ti sembra fantastico in confronto al precedente ma magari non lo è affatto. Magari lui è solo leggermente meno stronzo, quindi devi cercare di essere più oggettivo e più realistico. Però c’è anche il rovescio della medaglia, ovvero l’ancora rappresentata da una relazione passata che è stata particolarmente fantastica. Dopo una storia splendida, tutto ti sembra mediocre in confronto al precedente ma magari non lo è affatto. Magari lui è solo leggermente meno perfetto, quindi devi cercare di essere più paziente e più comprensivo.

Ma esiste anche l’ancoraggio alle emozioni. Se in questo periodo sto provando emozioni forti e un’intensa passione con il mio partner, potrebbe per me risultare difficile ammettere che la mia relazione potrebbe non funzionare a lungo termine. E questo è strettamente collegato alla cosiddetta “sunk cost fallacy”. Dopo molto tempo trascorso insieme e dopo aver investito energie e impegno in un rapporto, è normale voler “rientrare nei costi” rimanendo insieme sebbene la relazione non stia affatto funzionando.

Ce ne sono altri milioni come questi. I sogni condivisi che diventano una condanna e un obbligo, le cose che sono successe in passato nelle famiglie dei due partner o alle coppie di amici che si trasformano in sentenze da ripetere per forza, le iniziali aspettative sul sesso di coppia che possono causare tensioni se la frequenza o il tipo di rapporti cambiano (e cambiano, state tranquilli) rispetto ai primi tempi, la prima impressione fatta sulla famiglia del partner che si trasforma in uno stigma incancellabile. E mi fermo qui per carità cristiana.

 

 

Estratto da “L’arte delle fregature” di Lamberto Salucco

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Pubblicato "L'arte delle fregature - Prima Parte" di Lamberto Salucco - Rebus Multimedia

 

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Lamberto Salucco

(Firenze, 1972) – Sono un consulente informatico (ma laureato in Lettere Moderne), mi occupo di marketing (ma solo digitale), social media (ma non tutti), editoria (ma non cartacea), musica (ma detesto il reggae), formazione (ma non scolastica), fake news (ma non sono un giornalista), programmazione (ma solo Python), siti web (ma solo con CMS), sviluppo app (ma solo iOS e Android), bias cognitivi (ma non sono uno psicologo), intelligence informatica (ma solo OSINT), grafica 3D (ma niente CAD), grafica 2D (ma niente Illustrator), Office Automation (ma non mi piace Access).