L’arte delle fregature – 3.02 – Conservatorismo o Revisione delle credenze

Il conservatorismo o Revisione delle credenze (conservatism) è la tendenza a non rivedere abbastanza le proprie convinzioni quando vengono presentate nuove prove o nuove informazioni. Si può definire come una sorta di resistenza al cambiamento.

Sei una persona che ama andare a mangiare sempre negli stessi ristoranti? E, una volta lì, ordini magari sempre gli stessi piatti? Sei una persona che continua a usare il vecchio cellulare senza riuscire a passare a roba meno antidiluviana? La tua routine quotidiana è particolarmente rigida e ti senti male solo pensando di modificarla? Per caso l’idea di cambiare lavoro ti butta addosso un quintale ingestibile di ansia?

Può darsi che almeno una parte di questi comportamenti siano frutto del meraviglioso bias chiamato conservatorismo.

 

Il conservatorismo nel marketing

Il primo esempio che mi viene in mente per parlare del conservatorismo nel mondo del marketing è la resistenza dei clienti nei confronti dei cambiamenti. Considerando che anche il più piccolo cambiamento nella confezione può portare la casalinga di Voghera a subire un attacco di panico, le aziende in genere cambiano la grafica in modo graduale e cercano di conservare elementi che mantengano un rapporto con l’aspetto che aveva prima.

Poi c’è da considerare tutto il marketing che fa leva sulla nostalgia e che si mescola col bias dell’effetto autoreferenzialità. Ti fanno ricordare:

  • i sapori di una volta
  • gli odori di una volta
  • i giochi di una volta
  • i valori di una volta
  • la lira
  • il Ciao
  • i palloni incastrati sotto la marmitta della 127
  • gli ingredienti sani di una volta
  • avevamo molti più soldi
  • eravamo tutti più onesti, rispettosi, santi

e così via.

È tutta una tragica fregatura, in realtà. Praticamente nulla di ciò che ci ricordiamo era davvero come ci ricordiamo, è una truffa che facciamo a noi stessi e il marketing ci si mette d’impegno e partecipa al raggiro.

Una parte di questo è presente nel cosiddetto “marketing della tradizione” dove le aziende fanno a gara a chi scrive la data di fondazione più antica, finiremo con roba che afferma di essere stata creata da Carlo Magno. “Dal 1876”, “La nostra ricetta classica”, “Da generazioni”, “Da sempre” e altre bischerate funzionano perché nel nostro ricordo quella roba era fantastica e quindi pensiamo che questa roba (che imita quella roba) sarà fantastica. Perché la roba di un tempo non ci ammazzava e invece quella di oggi è tutta velenosa e non sa più di niente etc.

 

Il conservatorismo nella disinformazione

Nella disinformazione, invece, il macello del conservatorismo è che la gente tende a non cambiare idea, quindi spesso resiste a modificare la propria opinione anche se gli porti prove inattaccabili (non le loro cazzate copiate dai siti complottari) che hanno torto. Loro se ne fregheranno, le ignoreranno oppure faranno in modo di screditarle usando argomenti tipo “è informazione faziosa”, “quel quotidiano è dei Rothschild”, “siete pecore”, “non credere mai ai comunisti” o “gli scienziati liberi dicono un’altra cosa” perché ammettere nuove prove che contraddicono le proprie convinzioni è triste e inaccettabile.

Da qui nascono anche le crociate contro i fact checker che dedicano il loro tempo ad analizzare le notizie, cercando di ripulire internet dalle fake news e dalle bufale più pericolose. I fact checker sono tutti cattivi, venduti, schiavi del sistema, polarizzati, benpensanti, servi della NATO. Magari poi hanno anche studiato e si sono laureati? Ma che schifo! I professoroni saccenti convinti di avere la verità in tasca!

Meglio un parrucchiere di Cosenza che ha visto dieci video su YouTube! Poi però ti vogliono convincere che il cambiamento climatico è una bugia della lobby dell’elettricità (sono gli stessi che vent’anni fa ti dicevano che c’era la lobby del petrolio, nota bene) e allora vanno a cercare gli unici tre o quattro tizi che supportano la loro convinzione e, bada sempre bene, li cercano fra i laureati perché nella loro narrazione, appena cerchi di approfondire un minimo, non torna mai una sega.

Poi, come spesso accade, l’effetto è amplificato dal fatto che se le persone vengono esposte a bufale che confermano le proprie convinzioni o credenze politiche, sociali o ideologiche è chiaro che saranno ancora meno disposte a cambiare idea perché tali idee sono ormai radicate nel loro cervello e vederle confermate provoca in loro un piacere assurdo. Abbiamo la conferma di essere nel giusto, lo vedi che avevo ragione? Eh, ci credo. Se leggi solo gente insulsa che condivide le stesse idiozie che posti tu, vai tranquillo che le conferme non ti mancheranno mai.

Anche il lessico usato dalle fake news sfrutta il conservatorismo. Diciamoci la verità, tanto è inutile girarci intorno. La maggior parte di questi porcai girano negli ambienti di destra e di estrema destra, fatta eccezione per qualche veterocomunista rincoglionito che infatti parla come un vecchio fascista o per una mandria di miserabili ex grillini inebetiti dal reddito di cittadinanza probabilmente percepito senza averne il diritto.

Dicevo che questa robaccia spesso gira negli ambienti di destra e il lessico usato fa spesso riferimento a termini e concetti che vanno a nozze col conservatorismo. Fateci caso: le nostre tradizioni, la patria e i patrioti, la famiglia tradizionale, il tricolore, il crocifisso, il Natale e il Presepe, i nostri valori, la nostra storia, natalità, sovranità, difesa dei confini e così via. Una sequenza di stupidaggini vuote e senza senso che però triggerano gli elettori, sono il campanellino che dice che è l’ora di sbavare, di indignarsi, di (far finta di) prendere le armi e di difendere la nostra bella Italia! Quanta idiozia, quanta ignoranza, quanta stupidità. Poi ci metti anche i bias cognitivi e siamo al livello bonobo.

 

Il conservatorismo nella vita sentimentale

Gli effetti del conservatorismo sono molti simili a quelli del bias dell’ancoraggio, fino quasi a sovrapporsi. Non perderò quindi tempo a ricordare cose che ho già citato. Ci sono però un paio di esempi che, secondo me, sono abbastanza caratteristici del conservatorismo propriamente detto.

Uno riguarda la cosiddetta perpetuazione di schemi familiari disfunzionali. In pratica si tratta di trovarsi, anche e forse soprattutto in modo involontario, a riproporre una serie di schemi che sono stati appresi nella famiglia in cui si è cresciuti. Alcune cose che abbiamo vissuto nell’infanzia e nell’età adolescenziale possono essere portate avanti senza nemmeno che ce ne accorgiamo.

Pensiamo a una persona cresciuta con una madre anaffettiva che aveva costruito una barriera emotiva fra sé e i figli. Oppure a una famiglia nella quale non c’era comunicazione o in un contesto dove la violenza, la prevaricazione o i tradimenti erano all’ordine del giorno. Sono cose che possono far soffrire molto un bambino ma non è detto che, quando quel bambino sarà diventato adulto, non replicherà gli stessi schemi perché il conservatorismo lo ha legato a un pattern ben preciso. Chiaramente, questo modo di “ragionare” ti rende anche impermeabile alle terapie psicologiche perché la verità è la mia e gli altri non sanno di cosa stanno parlando.

Anche la vita sessuale ne viene colpita. Il sesso si fa così, non si fa cosà, questo è sbagliato, questo è immorale, quest’altro è abominio secondo la mia religione, vergognati sei una persona perversa. E altre simili boiate moraliste che ammazzano la voglia di sperimentare e di divertirsi insieme. Ma quanti cazzo di danni avrà fatto la religione (anche) in questo senso? Tanti.

Un altro esempio, collegato al precedente, riguarda gli stereotipi di genere. Anche qui si fa riferimento ai ruoli, spesso visti dal conservatorismo come unici argini all’odierno declino del costumi, come stella polare dei valori che ormai signora mia dove andremo a finire i giovani sono tutti omosessuali. Riuscire a conservare una serie di idee rigide sui ruoli di genere (scontato ma qui azzeccato: “l’uomo deve lavorare e la donna deve stare a casa per pulire, cucinare e occuparsi dei figli”) li fa stare bene, è una coperta di Linus, è la certezza che hanno paura di perdere. Non sia mai che si possa insidiare lo status quo che permette loro di sbattersene di una serie di problemi appioppandoli alla donna. E questo entra in diretto conflitto con i cambiamenti sociali della contemporaneità. Uno scontro che non fa prigionieri. Quando un retrogrado incontra la realtà, il retrogrado è un uomo morto.

 

 

Estratto da “L’arte delle fregature” di Lamberto Salucco

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Pubblicato "L'arte delle fregature - Prima Parte" di Lamberto Salucco - Rebus Multimedia

 

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Lamberto Salucco

(Firenze, 1972) – Sono un consulente informatico (ma laureato in Lettere Moderne), mi occupo di marketing (ma solo digitale), social media (ma non tutti), editoria (ma non cartacea), musica (ma detesto il reggae), formazione (ma non scolastica), fake news (ma non sono un giornalista), programmazione (ma solo Python), siti web (ma solo con CMS), sviluppo app (ma solo iOS e Android), bias cognitivi (ma non sono uno psicologo), intelligence informatica (ma solo OSINT), grafica 3D (ma niente CAD), grafica 2D (ma niente Illustrator), Office Automation (ma non mi piace Access).