Parliamo adesso del bias di distinzione (distinction bias) ovvero la nostra tendenza a vedere due alternative come più diverse tra loro quando le valutiamo nello stesso momento rispetto a quando le valutiamo separatamente. È ciò che ci porta a sovrastimare le piccole differenze qualitative o quantitative quando ci troviamo a dover mettere a confronto opzioni diverse.
Esempio: fra ricevere una caramella se penserai a un momento molto bello della tua vita o ricevere cinque caramelle se penserai a un momento molto brutto della tua vita, cosa sceglierai? È possibile che tu scelga le cinque caramelle perché sei convinto che sia l’alternativa migliore, non perché te ne freghi qualcosa delle caramelle ma che sia “meglio” ottenere cinque caramelle. In realtà le caramelle non ti renderanno felice, magari nemmeno ti piacciono. E uno studio statunitense ha dimostrato che pensare a un momento brutto rende molto più infelici che ricevere una sola caramella e pensare a un momento bello. Parrebbe scontato ma non lo è.
In generale, quando acquistiamo qualcosa siamo disposti a spendere più denaro anche per una serie di caratteristiche che magari non useremo mai. Capita per gli elettrodomestici, per gli smartphone, per le automobili e addirittura per l’acquisto di una casa. Per esempio: si nota molto la differenza di qualità fra due televisori quando si trovano uno accanto all’altro, se non sono troppo distanti. Ma il televisore dovrà stare nel nostro salotto e ci sarà presumibilmente solo quel televisore. Ci accorgeremo davvero di aver comprato il “migliore”? Probabilmente no: paghiamo volentieri in più per una qualità di poco migliore che però non noteremo mai.
Il bias di distinzione nel marketing
Beh, di questo ho appena fatto un esempio: mettimi accanto due cose e potrò forse distinguerle, mettimele separate e mi sembreranno molto più simili.
È una cosa che ha effetto anche sui prezzi. Dieci centesimi di differenza fra un prodotto e un altro (e che magari costano pochi euro) non è proprio un terrificante divario eppure molte persone tenderanno a scegliere il prodotto che costa dieci, tre o addirittura un centesimo in meno. Perché? Che cacchio ci fai con un centesimo?
Ma si dice che a forza di centesimi si fa un euro, poi a forza di euro si fa boh. Comunque, non sto dicendo che si debbano buttare via i soldi ma solo che non dobbiamo farci condizionare dai bias, non dobbiamo permettere al nostro cervello di entrare in una modalità “confronto” senza chiederci il permesso. Cerchiamo di capire quali sono le caratteristiche dei due prodotti, vediamo se valgono quanto costano, se ci servono davvero. Queste sono cose importanti, una moneta da un centesimo non la raccolgo nemmeno dal pavimento. Eppure, anch’io sono attirato dal prodotto che costa € 0,01 meno di un altro e mi detesto per questo.
È chiaro che le aziende sfrutteranno questa nostra distorsione mentale. E magari decideranno di modificare i prezzi anche di pochissimo pur di vincere questa guerra dei poveri. Sono comportamenti che si possono notare anche nelle strade di grande scorrimento dove si trovano numerosi distributori di benzina. O in autostrada quando si vedono cartelloni che riportano i prezzi di diversi impianti con la relativa distanza.
Questo bias riguarda anche le versioni di un prodotto o di un software. Abbiamo davvero bisogno di fare un upgrade dalla versione 2 alla versione 3 di quel preciso programma?
Offre davvero funzionalità che ci servono? E quel telefono che ancora funziona perfettamente deve davvero essere sostituito solo perché è uscito il nuovo modello?
Il bias di distinzione nella disinformazione
E nella disinformazione cosa accade? Anche qui si può ovviamente sfruttare il bias di distinzione, sebbene gli esempi da fare siano relativamente pochi.
Sapendo che il lettore tende a comparare le cose quando le ha disponibili insieme, ci saranno decisioni da prendere su come mostrare certe notizie. La comparazione avviene solo in presenza di più opzioni (per esempio di più articoli da condividere) quindi occorre notare la disposizione delle notizie che vengono riportate, i tag e/o hashtag usati dai siti e dai social per raggruppare i post, la sequenza in cui vengono riportati i singoli avvenimenti, la frequenza degli aggiornamenti dato che i post scorrono in senso cronologico e, quando si pubblica un dettaglio aggiuntivo, la notizia principale a cui si sta facendo riferimento potrebbe già essere scomparsa dalla prima pagina e così via.
C’è anche da considerare che nei media online e offline, gli articoli e le storie che presentano al pubblico eventi rari e drammatici (incidenti, crimini o altro) possono essere sopravvalutati nella percezione delle persone. Questo potrebbe portare gli utenti a credere che eventi del genere siano più frequenti di quanto siano davvero nella realtà, condizionando quindi il loro comportamento in modo poco oggettivo. Evitiamo di passare da quella zona della città, smettiamo di frequentare persone di una certa etnia, non prendiamo il treno per un po’ etc.
Ricordiamoci che sui social media le persone possono ricevere più attenzione o anche diventare virali per i contenuti che condividono quando questi contenuti sono inusuali. E poco importa se quei contenuti non rappresentano la loro vita o il loro punto di vista in modo accurato, potrebbero invece essere sintomo della loro distorta percezione sia della realtà e sia delle loro vite, non va sottovalutato.
E il bias di distinzione potrebbe colpire anche riguardo a come viene presentato un certo fatto. Gli utenti, trovandosi davanti due notizie (A vera e B falsa o “gonfiata”), potrebbero farsi fregare da come la fake news è stata impacchettata, da quale nome altisonante ma probabilmente inventato o ignaro l’ha firmata, da quanti follower e like ha la “testata” che l’ha pubblicata etc.
Cosa vuoi che gliene freghi a quel punto se la notizia è vera, parzialmente vera o falsa? Te lo dico io: nulla.
Il bias di distinzione nella vita sentimentale
Anche nell’ambito sentimentale non è affatto semplice riconoscere e isolare i vari comportamenti in cui le tracce del bias di distinzione siano visibili. Questo avviene principalmente perché questa distorsione (e non è certamente l’unica) lavora in combutta con altre, rincoglionendoci ancora di più. Se io metto a confronto il modo in cui vivevano i miei genitori e la mia coppia attuale è bias di distinzione? E se io metto a confronto la mia ex con la mia attuale moglie è bias di distinzione? Se passo troppo tempo a comparare mio marito con quello di amiche, parenti, vicine, personaggi di film e poi lo vedo meno interessante è bias di distinzione? Fosse facile catalogare e classificare tutti i comportamenti. Io di sicuro non sono in grado di farlo e se pensavate di trovare simili risposte in questo libro vi è andata malissimo.
La cosa importante da dire, a mio modesto avviso, è che c’è una componente di bias di distinzione in ognuno dei comportamenti sopra esposti. Che percentuale occupa? Che peso ha? Queste sono domande da porre a professionisti preparati che sanno di cosa stanno parlando, anche se mi dicono che molti addetti ai lavori tendono a non volersi occupare di distorsioni nelle storie d’amore.
Però un piccolo esempio, prima di chiudere questa parte, voglio farlo e riguarda l’idealizzazione di culture e di popoli diversi dal proprio. Capita di perdere la testa per una persona che proviene da un Paese lontano, diverso dal nostro e che magari ha tratti somatici esotici. Credo che qui lo zampino di questo bias sia evidente. Ci sono persone che si sposano in fretta e furia perché affascinate da caratteristiche uniche e particolari di altre culture ma non è detto che abbiano riflettuto sulle possibili differenze di valori, di abitudini, di usanze, di credenze.
Vedere questa persona che spicca rispetto a ciò che abitualmente frequentiamo può avere un effetto importante anche solamente per il fatto che si distingue, niente ci dice che abbia un valore “in sé”. Dovremmo cercare di andare oltre i tratti “distintivi” e considerare piuttosto le caratteristiche importanti.
Non sono certo per “moglie e buoi dei paesi tuoi”, so perfettamente che la ricchezza è data dall’eterogeneità, ma non sono nemmeno per le relazioni troppo superficiali, basate solo sull’effetto “cerbiatto paralizzato dai fari abbaglianti” che smette di far funzionare il cervello perché ha visto una cosa differente.
Estratto da “L’arte delle fregature” di Lamberto Salucco