L’arte delle fregature – 3.06 – Effetto di inquadratura

L’effetto di inquadratura (framing effect) è un bias cognitivo che ci porta a trarre diverse conclusioni dalle stesse informazioni, modificando la scelta a seconda del modo in cui queste informazioni ci vengono presentate, se con connotazioni negative oppure positive. Vediamo qualche esempio.

Parliamo di politica. Chi propone una certa riforma di legge può descriverla in termini positivi (per esempio “Abbiamo una riforma del lavoro che è finalmente a favore della flessibilità!”) ma l’opposizione la descriverà in termini negativi (per esempio “Ecco una riforma che precarizza l’occupazione!”). Oppure pensiamo a una legge che prevede un certo aumento delle tasse, è più carino presentarla come un “grande investimento nella sicurezza sociale” invece che come una “incremento delle imposte”. E c’è una gran bella differenza.

O ancora: presentare un provvedimento come “misura per l’aumento della sicurezza pubblica” suona decisamente meglio di “restrizione delle libertà civili” e può essere sufficiente per ottenere maggiore accettazione sia da parte della popolazione sia da parte delle istituzioni.

Oppure parlando di cronaca si può decidere di enfatizzare i dati relativi ad alcuni crimini, alimentando nei lettori o nei telespettatori la sensazione di insicurezza mentre si stanno magari trascurando i dati sul lungo termine che invece indicano miglioramenti.

 

L’effetto di inquadratura nel marketing

Nella comunicazione commerciale ci sono diversi esempi del framing effect perché è proprio il contesto ideale per poter sperimentare fregature di questo tipo. Da una parte c’è un tizio che vuole venderti cose, dall’altra ci sei tu che devi essere convinto a comprare cose. E chi deve vendere cercherà di farti vedere sempre l’aspetto positivo di queste cose, il lato accattivante e convincente che possa spingerti all’acquisto. Mi pare abbastanza scontato.

Pensiamo alla classica offerta commerciale, quella che esiste dalla notte dei tempi e che non morirà mai. Faccio finta di regalarti qualcosa, faccio una promozione, faccio la settimana del cibo greco, faccio una vendita 3×2 o 4×3, mi invento uno sconto speciale, un’offerta speciale per l’apertura di un nuovo punto vendita, ti faccio gli sconti per Pasqua e per Natale, marchio qualche prodotto come “sottocosto” etc.

A parte il fatto che tutti questi enormi regali in realtà li paga sempre il consumatore, in questo libro siamo più interessati al modo in cui viene comunicato e percepito questo “sconto”. Per esempio: per un’offerta 4×3, dire “paghi tre e prendi quattro” secondo voi è più incisivo e più convincente rispetto a dire “Sconto del 25%”? Se avete risposto di sì, molto probabilmente avete appena subìto l’effetto di inquadratura.

Non esistono aree che non siano toccate da questo bias. Pensiamo ai servizi finanziari. Quando nei documenti informativi mi vengono presentate, le varie opzioni di investimento possono essere descritte con parole come “a basso rischio” o “ad alta redditività”. Questo può permettere di comunicare a tipi di investitori differenti e che hanno diversi livelli di avversione al rischio. E guardate che è un settore dove se vuoi guadagnare (o anche solo sperare di guadagnare) devi rischiare per forza, lo sanno anche i muli. L’effetto di inquadratura ti fa notare positivamente ciò che viene presentato positivamente ma finisce lì. Poi sei tu a metterci il carico, aggiungendoci la tua stupidità.

Mettiamo di dover acquistare un disinfettante per la casa e di dover scegliere fra due prodotti. Sulla confezione del primo c’è scritto “Uccide il 95% dei germi” mentre su quella del secondo c’è scritto “Solo il 5% dei germi riuscirà a sopravvivere”. Quale scegli? Probabilmente il primo perché lo sterminio del 95% dei germi ti risulta più figo del fatto che il 5% sopravviverà, anche se sono esattamente la stessa cosa.

Anche il settore alimentare è interessato dal framing effect. Anzi, direi che è uno degli ambiti dove è più presente. Mettere su una confezione un’etichetta con scritto “99% senza grassi” anziché “1% di grassi” ne è un chiaro esempio. Tutte e due sarebbero etichette tecnicamente corrette ma la tua percezione è diversa. La prima tende a essere percepita più positivamente perché parla del 99% “salutare”.

Ma gli esempi potrebbero essere molti, pensate a cosa significa in termini di percezione per un cliente presentare un certo alimento con la dicitura “contiene zuccheri naturali” invece di scrivere “alto contenuto di zuccheri”. I due messaggi appaiono diversi, il primo può far sembrare il prodotto molto più salutare rispetto al secondo.

Una cosa simile accade anche con le diciture “Premium” o “Top di gamma” che inquadrano positivamente un prodotto anche se magari le differenze con gli altri sono minime.

E purtroppo succede anche con scritte tipo “ecologico” o “eco-friendly” che orgogliosamente affermano l’impegno per la sostenibilità dell’azienda, il che è un’ottima cosa. Il problema è che può “inquadrare” (visto che di questo stiamo parlando) quel marchio come più responsabile degli altri, più eticamente rispettabile degli altri e influenzare i clienti che sono particolarmente sensibili ai temi relativi al clima e all’ambiente senza effettivamente fornire prove a supporto di quanto affermato.

 

L’effetto di inquadratura nella disinformazione

Nella disinformazione il framing effect è una delle colonne portanti delle fregature. Sapendo che le persone considerano in un modo o in un altro le informazioni a seconda di come vengono loro proposte, “basterà” scegliere la modalità adatta a supportare la narrazione che vogliamo far passare.

Scegliamo termini retorici e che abbiano un grande impatto emotivo, mettiamo in parallelo roba che non c’entra un cazzonulla ma che ha il potere di emozionare, le iperboli si sprecheranno e provocheremo una reazione data non dai fatti ma dalla percezione dei fatti che abbiamo manipolato.

E torniamo ai soliti titoli agghiaccianti e fuorvianti che tanti gonzi riescono a beccare, triggerando le loro paure e le loro frustrazioni. Volete un esempio reale? Il Tempo nel 2014: “CAPITALE NEL SANGUE – Due incidenti ogni ora. Il record è dei romeni”. Messa così chiunque capisce che a Roma il maggior numero di incidenti erano provocati da romeni. E invece no. La verità è che tra gli stranieri (non in senso assoluto, solo fra gli stranieri) coinvolti in incidenti stradali (coinvolti non vuol certo dire che ne sono stati la causa), il maggior numero è rappresentato da romeni. Non c’entra un tubo col titolo ma se te l’avessero scritto bene non te ne sarebbe fregato nulla.

E scrivere “l’invasione dei migranti” è chiaramente comodo per far scattare i nervi all’italiano medio. Mettere in relazione i numeri degli sbarchi con il timore di attentati terroristici è una leva potente per chi vuole (o non può non) cascarci. Parlare di migranti negli hotel a cinque stelle e di italiani terremotati ancora nelle roulotte è prassi quotidiana per chi ha fatto del criptorazzismo la propria bandiera. Scrivere di centri di accoglienza al collasso ogni singolo giorno evocando l’Armageddon è una cosa altrettanto patetica.

Dovremmo anche tatuarci in fronte la frase “la correlazione non è necessariamente indice di causalità” per cercare di non dimenticarcene mai. Perché grafici e dati sono carini e utili ma se cerchi di collegare forzatamente l’aumento di un certo fenomeno (potrebbero essere eventi criminali o il ritorno di una certa malattia) all’aumento di presenze appartenenti a un determinato gruppo etnico/sociale, in realtà stai suggerendo una falsa relazione causa-effetto tra i due fenomeni. E alla fine, se non hai dati seri e verificabili in mano, il fenomeno sei solo tu. Da baraccone.

Un ultimo, semplice esempio di framing effect in ambito disinformazione, il modo di parlare di un avvenimento. Spesso nelle fake news vengono fatte affermazioni facendole passare per fatti oggettivi, una narrazione fattuale che utilizza un linguaggio che automaticamente implica incontrovertibilità. Ma sono invece opinioni personali di un tizio che non sa nulla dell’argomento che magari si è inventato tutto di sana pianta. E se lo mandi a quel paese ti dà di fascista perché lui ha diritto ad avere le proprie idee. Poi tu maledici il suffragio universale perché il suo voto conta quanto il tuo. E magari lui vota davvero. E tu sai anche cosa.

Ci sarebbero tante altre cose da dire ma si va troppo per le lunghe.

 

L’effetto di inquadratura nella vita sentimentale

E siamo arrivati alla parte relativa alle relazioni amorose o meglio a quelle che dovrebbero essere relazioni amorose ma che purtroppo talvolta nascondono cose che con l’amore non hanno nulla a che fare. Comportamenti orribili come ricatti per manipolare il partner e atteggiamenti passivo-aggressivi sono frequenti e sempre da condannare.

Un solo, veloce esempio. In una coppia che sta affrontando una crisi, uno dei due partner potrebbe minacciare di lasciare l’altro “se non si comporterà come si deve”. Questa viene presentata come l’unica opzione possibile, tipico modo per porre ultimatum senza nemmeno prendersi la responsabilità di ciò che accadrà. Se ci lasceremo sarà perché tu non hai fatto ciò che dovevi, non sarà stata colpa mia. E così il partner ricattato non vede alcuna alternativa disponibile a quella fornita.

Succede spesso che si faccia leva sul senso di colpa e sulla paura dell’abbandono per ottenere ciò che si vuole dal partner: “Se non mi presti quei soldi mi rovini”, “Se mi lasci mi ammazzo”, “Ho sacrificato la mia carriera lavorativa per te e non ti riesce nemmeno di fare la cosa X”, “Se davvero ci tenessi a me faresti Y” e altre porcate del genere.

Fuggite a gambe levate.

 

 

Estratto da “L’arte delle fregature” di Lamberto Salucco

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Pubblicato "L'arte delle fregature - Prima Parte" di Lamberto Salucco - Rebus Multimedia

 

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Lamberto Salucco

(Firenze, 1972) – Sono un consulente informatico (ma laureato in Lettere Moderne), mi occupo di marketing (ma solo digitale), social media (ma non tutti), editoria (ma non cartacea), musica (ma detesto il reggae), formazione (ma non scolastica), fake news (ma non sono un giornalista), programmazione (ma solo Python), siti web (ma solo con CMS), sviluppo app (ma solo iOS e Android), bias cognitivi (ma non sono uno psicologo), intelligence informatica (ma solo OSINT), grafica 3D (ma niente CAD), grafica 2D (ma niente Illustrator), Office Automation (ma non mi piace Access).