Non voglio rompere troppo l’anima con la questione della lingua italiana, sarà un capitolo molto breve ma dato che qui si parla di Digital Marketing, di keyword, di analytics, di SEO, di TOFU e di tante altre varie amenità ho paura che alla fine possa passare di mente che la gente su Google cerca le parole.
E quelle parole devono essere presenti nei testi che sperate di posizionare in SERP. Ma poi, una volta acchiappato l’utente e fatto arrivare sulla pagina che vogliamo, dobbiamo far trovare all’ospite contenuti interessanti, ben fatti, utili.
E un contenuto non può essere ben fatto se è scritto da cani. Non potete pensare di far concorrenza ad articoli seri e precisi con testi approssimativi e che sembrano il prodotto di un semianalfabeta ubriaco.
Tanto per iniziare dovete evitare i refusi perché distruggono la vostra credibilità e nel migliore dei casi fanno sembrare il vostro testo poco curato. In caso di dubbio su come si scrive una certa cosa cercatela su Google. provate a scrivere il testo su Microsoft Word oppure Writer di Libre Office (o quello di OpenOffice) e fate buon uso del correttore.
Evitate anche le abbreviazioni in stile SMS: roba tipo “tt” al posto di “tutto” o le “k” al posto di “ch” nemmeno se ti minacciano con una baionetta alla gola.
Parlando di spazi: prima della punteggiatura non dovete mai inserire lo spazio, dopo la punteggiatura è invece obbligatorio. Mi raccomando.
Se scrivete “sì” come affermazione tipo “Sì, grazie” ci vuole l’accento, se invece scrivete una cosa come “per questa cosa si vedrà” no. La “e” accentata maiuscola esiste e si scrive “È”: ricordatevi che un accento non è un apostrofo e viceversa. Sempre parlando di accenti: “egli dà una mano” va accentato. “Enrico non sta fermo un attimo” non va accentato. “Tommaso pensa solo a sé” va accentato e sarebbe lo stesso anche se fosse “sé stesso”: fidatevi. “Dì” va accentato solo se significa “giorno” mentre “fà”, “sò”, “sù”, “quì”, “quà” e “dò” accentati non esistono. “Perché”, “anziché”, “macché”, “poiché” si scrivono con l’accento acuto mentre “caffè” ed “è” si scrivono con l’accento grave.
Sulle “h” del verbo avere non voglio dire nulla. Se avete problemi anche su questo buttate via questo libro e tornate alle elementari.
I puntini di sospensione, se proprio sono necessari e non riuscite davvero a farne a meno, sono tre. Non due o quattro… Tre.
Evitate anche il “piuttosto che” usato come se fosse prezzemolo disgiuntivo. Esempio pessimo: “Stasera mangerei volentieri una bistecca piuttosto che un po’ di pasta piuttosto che una bella insalata”. Esempio corretto: “Preferirei morire piuttosto che andare a un concerto reggae”.
Spiegare una cosa che hai appena detto aggiungendo “nel senso che” è abbastanza patetico: spiegala meglio subito ed evita di allungare il brodo con espressioni inutili. Già che ci siamo possiamo affermare che anche il “detto questo” è orrendo.
Non abusare del partitivo alla francese, non è figo come credi: una frase come “abbiamo mangiato dell’ottimo pesce” non è molto bella e suona abbastanza forzata.
Usare espressioni vuote e che significano poco come “mettersi in gioco”, “mettersi in discussione” o “all’insegna di” sembrano carine ma non lo sono.
Smetti di usare le virgole tipo pause come faresti parlando: non sei Umberto Eco nemmeno se rinasci.
Esistono i due punti (“:”) e il punto e virgola (“;”). Impara a usarli a modo.
Non riempire i tuoi testi di “comunque” perché denotano solo incertezza e non finire i tuoi elenchi con l’orrido “e quant’altro”.
Le ridondanze appesantiscono il tuo testo senza donargli alcuna grazia: “quello che è”, “piccolo aiutino”, “uscire fuori”, “andiamo a”, “nella misura in cui” non ti fanno sembrare competente. Anzi: il contrario.
La “d” eufonica non risolve tutti i problemi. Devi usarla solo se le due vocali vicine sono uguali. Esempio brutto: “ed altri” o “ad iniziare”. Esempio corretto: “ed effettivamente” o “ad andare”.
Usa il congiuntivo quando è richiesto: la frase “Io penso che sei un somaro” fa capire a tutti che il somaro è chi sta parlando.
Qual è si scrive senza l’apostrofo perché è un’elisione e non un troncamento. Non piace a nessuno ma è così.
Mentre spieghi qualcosa non inserire “nostro” in continuazione. Lo sappiamo che è il nostro PC, il nostro menu, il nostro smartphone etc. Non li abbiamo rubati a nessuno.
Fra “suo” e “proprio” c’è differenza: nella frase “Giovanni disse a Mario che avrebbe preso la sua macchina per andare a Milano” sta parlando Giovanni, si capisce quindi che avrebbe preso la macchina di Mario per andare a Milano. Altrimenti avrebbe detto che “avrebbe preso la propria macchina”.
L’espressione “assolutamente sì” è terribile e non va bene: non usarla.
Impara a utilizzare le “i” nei posti giusti. Non puoi scrivere “conoscienza” ma devi scrivere “coscienza”. Il plurale di “camicia” è “camicie”, il “camice” è quello del medico. Si scrive “spiagge”, “ciliegie”, “piogge”, “arance”, “valigie”, “bocce”, “cucce”, “docce” etc.
Sarebbe opportuno anche limitare cose pesanti come trapassati e forme passive: i discorsi vanno snelliti e, se possibile, resi semplici e brevi.
Le ripetizioni sono vietate. Hai scritto una parola in una frase? Non ti azzardare a ripeterla in quella successiva.
Breve inciso relativo ai social: post e commenti su Facebook sono modificabili anche dopo essere stati pubblicati ma occhio, ragazzi: le modifiche a quel punto potrebbero essere visibili pubblicamente, a chiunque. Molto meglio cancellare e riscrivere da zero.
In generale, rileggi prima di pubblicare. E correggi gli errori. Poi leggi un’altra volta prima di pubblicare. E poi ricontrolla se ci sono errori. E poi leggi un’altra volta prima di pubblicare.
Alla fine, quando hai finito di rileggere e di correggere, rileggi.
Tratto da “Prontuario semiserio di Digital Marketing” di Lamberto Salucco
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