Metempsicosis dei L.E.S. su “Rock and metal in my blood”!

Beh, non capita tutti i giorni di trovarsi a fianco di nomi del genere…

Oltretutto la recensione di Metempsicosis è davvero ottima, ringraziamo di cuore Samuele Mameli e Yader Lamberti di “Rock and metal in my blood”

 

Nell’ultimo periodo inconsapevolmente son stato investito da un senso di vuoto, di afflizione senza captare la reale ragione per cui alcuni istanti siano risucchiati da un vortice angoscioso. Eppure avevo la risposta sotto gli occhi ma incredulo, non pensavo che un piccolo oggetto avesse tanto potere. Per cui la ricerca di riscontro andava oltre la semplicità, imputandomi di uno stato d’animo troppo fragile. Non che sia distante come diagnosi ma tendenzialmente accorto ad assorbire energie scure rispetto alla media. Alla lunga, pian piano, tutto ottiene una risposta e quello che sembrava innocuo, è la causa principale di tale disagio. Un onesto cd che racchiude un incanto, un fascino da svilupparsi ascolto dopo ascolto, aumentando un potenziale impensabile a primo impatto.

Il platter in questione s’intitola Metempsicosis, un lavoro creato dalla band italiana L.E.S. acronimo di Fabio Lazzeri, Michele Ermini e Lamberto Salucco, i membri fondatori che hanno mosso i primi passi già nel lontano 1999, sfornando sino ai giorni nostri tre full lenght attraverso diversi problemi tortuosi che ne hanno rallentato la continuità espressiva musicale.

Il disco, preparato da tempo, vede la luce solo di recente e si destreggia mediante un concept album veramente riuscito e curato con liriche rigorosamente in italiano… assumono un ruolo fondamentale non fine a se stesse, la loro profondità testuale rincara quella dose di tormento dall’inizio alla fine. Parole studiate a puntino che ruotano sempre intorno alla morte e alla sua trasposizione di anima in pena che tra errori e ricordi amari, viaggia nella sofferenza, nello spazio senza meta e privo di certezze. Una corsa tra sogno e realtà dove lo sdoppiamento astrale può essere il fulcro della storia. Anche se a rileggere il titolo mi sovviene richiamare Socrate che concentra l’essenza dell’uomo nella sua psiche.

Tutto questo popò di materiale è accompagnato da un sound che per la maggiore mi ha riportato alla mente i Timoria più soft e acustici che spaziano nel progressive rock alla Pink Floyd con innesti elettronici alla Jean Michel Jarre per intenderci. Un suono dal retrogusto avvilente che va apprezzato senza soffermarsi alla prima impressione. Un platter da vivere e studiare perché lascia effettivamente il segno, un peccato non gustarlo.

L’artwork rispecchia dettagliatamente ciò che ci verrà incontro. Le immagini presenti sono l’anticipazione degli elementi cardine di ogni racconto del brano. Un cammino nel tempo che volge i suoi resti di memoria e cronografia inesorabilmente vissuta nel vitreo della solitudine e contemplazione del proprio io. Anticipazione capillare per ciò che il disco ottico è in procinto a offrirci che parte difatti con una favolosa “Fuori Di Me”, l’alone di paura sollecitato da urla disperate di donna interrotte da un colpo d’arma da fuoco danno il benestare a suoni futuristici e atmosferici che tanto m’ha richiamato Jean Michel Jarre dall’album Oxygène (1977). Un crescendo d’intensità e melodia che s’imbatte nei riff serrati e decisi di Lamberto pronto ad accogliere l’ottima voce di Michele per quella che diverrà un susseguirsi tra soluzioni grintose e pacate dove quel flavour malinconico fa da perfetto collante.

L’avventura è cominciata e prosegue con la sofferta “Un Filo D’erba”. L’andatura lenta e ragionata diffonde un senso di vuoto placate solo da quegli sprazzi di ritornello disinvolto, che conferisce interessanti cambi armonici. L’aria che si respira è comunque ancorata all’afflizione che dona una botta allo stomaco proprio nell’ultima nota di tastiera avvertita alla conclusione.

“A Morte” come già il titolo annuncia, non prevede di sicuro spensieratezza, una progressive song semi-acustica deliziosa che lambisce territori fusion di alta qualità. Il decorso solenne e introspettivo offre passaggi intensi, un piccolo ciclone che rimedia altrettanti danni all’animo.

“Pausa” è da brivido… un paio di minuti per insegnare come con poco si riesca a tramortire l’ascoltatore. Il cantato dolce e sentito è la parte più intrigante, sorretto da un tappetto di sintetizzatori, elargisce un’elegia dalle tristi note. Emozioni laceranti.

“Delirio D’immortalità” continua a muoversi a ritmi cauti e blandi, costellato da un testo profondo, si sgretola mediante ammiccanti melodie ricche di pathos, un feeling travolgente, una teatralità aulica alimentata da una voce calda, una traccia che concede meditazione… uno sguardo che si perde nel nulla tra arpeggi chitarristici, assoli ardenti e rintocchi di piano, egregia.

“L’amore Che Non Ho Avuto” alza il tiro, l’apertura di guitars reboanti con tappeto sonoro sinistro regala l’estratto che preferisco maggiormente. Tutta questa carne al fuoco è momentaneamente lasciata in disparte a discapito di strofe dal mood amaro e riflessivo che fomentano il più bel leit motiv del lotto. E cari miei, merita di essere cantata in coro, sprigiona grinta da tutti i pori, anthemica sino all’osso. Non si fa mancare nulla trovando spazio anche per l’estro di Lamberto che sfodera una prestazione impeccabile. La sua chitarra ruggisce e l’interludio ne è testimone, bellissima.

“La Preda” è un esempio di come la musica possa sfornare le medesime sensazioni di timore e sgomento anche senza l’ausilio di vocals se queste non fossero presenti. I riff granitici in apertura tengono la mano a melodie dissonanti che paradossalmente si piantano in testa e non si schiodano neppure a fine ascolto. Arrangiata in maniera esemplare, è una track che prende vigore lungo il percorso allineando accordi considerevolmente “accessibili”.

“Nuvola” è sognante e vellutata, le note pizzicate di chitarra sono ammirevoli. Il loro saltellare all’avvio fa spazio al ritmo rallentato che si abbellisce di un clima etereo impugnando la desolazione… la stessa, accarezzata dal calore di forti commozioni.

“Ciò Che Si è Perso” è alquanto insolita, s’introduce con la famosa ninna nanna interpretata in modo originale, a dir il vero trasuda nostalgia che reca un nodo alla gola impossibile da distogliere lasciando al fattore poetico delle liriche la magia di riportare indietro ricordi spiacevoli. La si potrebbe sentire propria, immedesimarsi in questo scenario non è così remoto.

“Metempsicosis” è pura goduria, interamente strumentale, siamo investiti da del sano rock progressivo che va a braccetto con l’elettronica, una miscela risonante di note impazzite, un rincorrersi all’impazzata di ripartenze e partiture schizoidi con Fabio Lazzeri sopra le righe, direi l’anima di questa canzone, è riuscito a dosare il giusto equilibrio tra reale e virtuale. La perizia tecnica dei nostri è così messa a nudo, ricca di voli pindarici ed esuberanze soniche, rimane un gioiello composto meticolosamente, formidabile.

Un docile piano con quelle atmosfere appassionanti che ricordano i migliori Anathema, accoglie “La Mia Vita”, il palcoscenico allestito è condiviso da spiragli suadenti, un crescendo sonoro che incanta per la diversità espressiva, ariose aperture vocali ci accompagnano in un viaggio interiore. Il disco avanza, la curiosità e l’amore per ciò che si ode, accresce…

“Baco” si mantiene ad alti livelli, addirittura inizialmente, quel giro di keyboards procura un flash back che mi riporta la colonna sonora del film Tentacles composta da Stelvio Cipriani. Il brano si dimena così in strofe a effetto dando ampio spazio a digressioni musicali che conducono a un finale intenso e penetrante.

“L’ultima Morte” è una traccia extra long e v’invito ad alzarvi in piedi perchè in dieci minuti si assapora la passione per l’arte. Siamo dinanzi all’episodio che racchiude l’elisir della band, con la partecipazione della female voice Elena Giachi. Veniamo colpiti da melodie pungenti aiutate dal lavoro pianistico in primis. L’andamento grave e ragionevole assume un atteggiamento opposto man mano che i minuti scorrono perché nell’intermezzo abbiamo un altro paio di maniche. Il sound si capovolge e via al wall of sound imponente, via all’emozione che s’insinua nelle viscere del cuore. Un bagno di scorribande strumentali che s’inseguono fino a disegnare visioni toccanti, rimango senza parole. L’epilogo d’antologia mi sfolgora gli occhi, sono inerme… bravi.

Concludo dicendovi che questo full lenght merita senz’altro di essere ammirato, è particolare e di sicuro non basta un ascolto. Nonostante sia ben metabolizzabile, ha bisogno di ripetuti interventi per riuscire a cogliere la grazia propostaci. E poiché il presente è più che buono, il futuro non potrebbe essere diversamente.

 

LINK ALLA RECENSIONE DI METEMPSICOSIS

Rock and metal in my blood

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Lamberto Salucco

(Firenze, 1972) – Sono un consulente informatico (ma laureato in Lettere Moderne), mi occupo di marketing (ma solo digitale), social media (ma non tutti), editoria (ma non cartacea), musica (ma detesto il reggae), formazione (ma non scolastica), fake news (ma non sono un giornalista), programmazione (ma solo Python), siti web (ma solo con CMS), sviluppo app (ma solo iOS e Android), bias cognitivi (ma non sono uno psicologo), intelligence informatica (ma solo OSINT), grafica 3D (ma niente CAD), grafica 2D (ma niente Illustrator), Office Automation (ma non mi piace Access).