Era una notte di tarda primavera a Firenze City quando Supermegaboy, gambe divaricate e pugni sui fianchi, era sempre sul tetto della solita casa, immobile come una statua di sale, a scrutare le strade sottostanti, e Adalberto là sotto sul marciapiede cominciava quasi a urticarsi i coglioni visto che era passata già un’oretta e quello lassù non accennava a muoversi e allora gli urlò di scendere giù, ché quella notte avrebbe compiuto la prima missione esplorativa per prendere familiarità con la supermegatuta, ma Supermegaboy senza muoversi di un millimetro e a labbra serrate gli disse che in realtà si era dimenticato di dirgli che soffriva di vertigini e che lui da quella tegola col cazzo che si muoveva, aveva troppa paura di cadere, e non avrebbe mosso un alluce neanche se là sotto ci fosse stata la nazionale femminile danese di nuoto sincronizzato da salvare, allora il genio informatico gli rispose che per scendere bastava che alzasse il braccio destro e aprisse la vetrata della soffitta che aveva accanto e da lì poteva entrare in un bugigattolo che l’avrebbe condotto alle scale principali, ma Supermegaboy stando sempre ben attento a non muovere un muscolo rispose che gli sembrava tutto un po’ complicato e rischioso e comunque si era dimenticato di dirgli che soffriva anche di claustrofobia e quindi non sarebbe entrato in un bugigattolo neanche se ci fosse stata dentro la nazionale femminile australiana di hockey su prato, e allora Adalberto gli chiese cos’aveva intenzione di fare per togliersi da quell’impiccio visto che era quasi mezzanotte e Supermegaboy rispose che non aveva intenzione di fare niente, sarebbe rimasto lì, in quella posizione, che anzi stava proprio bene e c’era anche una leggera brezza rinfrescante, c’avrebbe pensato poi, e il genio informatico rispose che non gli pareva proprio un granché come soluzione ma comunque lui aveva da terminare un piccolo esperimento nel laboratorio segreto e Supermegaboy gli disse di andare pure e di fare con calma, e così Adalberto pigiò il pulsante nascosto e il cassonetto si spostò e lui sparì nelle scale sotterranee che portavano al laboratorio segreto, e Supermegaboy rimase da solo, immobile sul tetto, con le gambe divaricate e i pugni sui fianchi, e passarono i secondi, e poi i minuti, e poi le mezz’ore, e poi le ore, e lui era sempre lì, con le giunture anchilosate e lo sguardo perso sulle strade sottostanti, finché d’improvviso passò uno scooter con due ragazzi capelloni visibilmente alterati dall’alcol che sghignazzavano e prendevano a calci e sputi le auto parcheggiate e allora Supermegaboy si disse che era suo compito intervenire, in quanto paladino della giustizia di Firenze City, ma le intemperie cui era stato sottoposto gli rendevano
i movimenti labiali piuttosto difficoltosi ed esclamò solo qualche suono gutturale, al che i due delinquenti si guardarono intorno cercando di capire cosa potesse essere quello strano rumore e uno disse che poteva trattarsi di un uccello notturno anche se assomigliava più al verso di un fagiano ma non era sicuro che il fagiano fosse un uccello notturno, e proprio in quell’istante passò una vecchina che si trascinava a fatica su un bastone e aveva una borsetta in cui teneva la pensione, e i due capelloni si avvicinarono e dissero “Guarda guarda una vecchina tutta sola con la pensione alle tre di notte, questa sì che è una botta di culo”, ma dal tetto Supermegaboy provò a dire loro di non azzardarsi a toccare quella povera signora indifesa altrimenti gliel’avrebbe fatta pagare, e i due si guardarono ancora intorno e uno disse che sì doveva trattarsi proprio di un uccello notturno ma sembrava più una poiana però non era sicuro che la poiana fosse un uccello notturno ma poi disse che fondamentalmente non gliene poteva fregare un cazzo perché adesso potevano acciuffare la povera vecchina indifesa, sbatterla al muro con violenza, picchiarla ben bene, approfittarsi di lei sessualmente e poi rubarle la borsetta con la pensione, ma poi guardandola arrancare sul bastone disse che il penultimo passaggio, quello dell’abuso sessuale, sì insomma quello potevano anche saltarlo, era tardi e aveva un po’ sonno, magari un’altra volta, e i due capelloni la circondarono intimandole di consegnare subito la borsetta ma quella era sorda come una campana e rispose che non stava facendo una marcetta, intanto Supermegaboy sempre immobile lassù, le gambe divaricate e i pugni sui fianchi, assisteva impotente alla scena giù in strada senza poter entrare in azione, e vide che i due capelloni danzavano intorno alla povera vecchina indifesa e le urlavano parole sconce e tirarono fuori i coltelli, e Supermegaboy soffriva in
silenzio perché si sentiva impotente davanti a quel terribile sopruso e a quella scena di violenza gratuita che stava per consumarsi davanti ai suoi occhi da supereroe che amava solamente la giustizia e il bene ma poi si disse va be’ del resto non ci poteva fare niente, pace per la vecchina, però proprio in quell’istante sentì un “Miao” alla sua sinistra e una goccia di sudore freddo gli solcò la tempia e la guancia, e pregò di aver sentito male, ma invece un altro “Miao” si alzò nella notte e allora senza muovere la faccia, per paura che la tegola su cui stava da qualche ora potesse cedere, guardò verso la fonte del rumore e si accorse che si trattava proprio di un gatto, e mentre i due capelloni giù in strada continuavano a farsi sberleffi della povera vecchina, Supermegaboy ricordò a se stesso che oltre alle vertigini e alla claustrofobia soffriva anche di ailurofobia, una paura fottuta dei gatti, e che quindi adesso erano cazzi.
つづく