Era una notte di metà autunno a Firenze city, quando Supermegaboy provò ad aprire la porta blindata che doveva condurre alla sala operativa dell’Old Palace.
Ma quella porta non solo era blindata e chiusa da vari lucchetti: non aveva alcuna maniglia e neanche un campanello.
Meno male che Supermegaboy era un supereroe e non un cittadino qualunque, e così poté fare affidamento sulla sua supermemoria.
Infatti gli tornarono in mentre le parole pronunciate dalla guardia giurata in corridoio, quando si era nascosto sotto le scope e i detersivi: “Per aprire la porta ed entrare nella sala operativa ci vuole una parola d’ordine segreta…”.
Ora, il fatto era che la supermemoria di Supermegaboy non era proprio super, e così in quel momento, su due piedi, si accorse che non ricordava più la parola segreta. E dire che lì per lì non se l’era neanche scritta, pensando di poterla tenere a mente con facilità. “Accidenti a me!
Se non sbaglio però era una parola un po’ buffa, come una specie di tiritera, un gioco di parole che finiva in ero”.Supermegaboy si avvicinò alla porta, lo sguardo concentrato, quello dei supereroi che stanno per compiere l’impresa.
E dopo un lungo sospiro esclamò: “Trolollollero…” ma la porta rimase chiusa. Accidenti, non è questa. “Borobbobbero…”, riprovò, una goccia di sudore gli carezzò la guancia. Neanche. “E va bene!” esclamò Supermegaboy tirandosi su le maniche della tuta. “Proverò con tutte le consonanti e ce la farò! Coroccocchero, doroddoddero, foroffoffero…”.
E finalmente, quando disse “Poroppoppero” la porta s’illuminò. Supermegaboy fece un salto all’indietro, pronto a nascondersi, ma la luce scomparve e la porta fece un semplice clic. “Bene” disse tra sé, e in punta dei piedi entrò.
All’interno c’erano naturalmente tanti bip e drin e squilli di telefono e frasi in inglese tipo “Houston we have a problem”, insomma tutti i rumori tipici di una sala operativa dove si lavora.
Supermegaboy passò rasente il muro, poi raggiunse delle scalette di metallo che lo condussero fino a un soppalco pieno di mappe e registri, da cui si affacciò.
Da quella posizione privilegiata poté vedere indisturbato i soldati che lavoravano ai computer, e sulla parete opposta una scrivania con dietro Maramao Babonzi tutto sudato alle prese con una partita a Fifa.
“Tu sarai il primo…” sussurrò.