I video costituiscono l’82% di tutto il traffico Internet. È una cifra enorme e dal 2017 questa percentuale è cresciuta di quindici volte. Quindici. Davvero spaventoso.
La stragrande maggioranza delle aziende usano infatti i video nelle proprie strategie di marketing. E considerando che un utente standard guarda quasi un’ora e mezzo di video al giorno mi pare anche normale, no?
Nella comunicazione online il testo, oltre ovviamente a essere meno visibile, meno invitante e a stimolare molto meno l’interazione degli utenti rispetto al video, ha un grande problema: la lingua. Il video invece parla una lingua molto meno limitata ovvero quella dell’immagine. Si presuppone che il lettore mi capisca quando dico che “la Grecia è bella” ma se mostrassi la foto di un tramonto nel Dodecanneso non ci sarebbe bisogno di spiegarla. Nel prossimo futuro magari vi consiglierò un’esperienza di Virtual Reality o di Augmented Reality ma per ora non sono ancora abbastanza “comode” per l’utente.
In generale il video ci dà più tempo per esprimerci, per comunicare, per raccontare e per fornire informazioni perché l’interazione con l’utente dura più a lungo rispetto a quando questo osserva una foto.
Video: è tutto oro?
Non metto in dubbio che possano esistere anche dei rischi nell’uso di video per la propria strategia, in genere riguardano l’inconsistenza all’interno della comunicazione aziendale del video in sé ovvero il pericolo di uscire dal seminato a causa delle enormi possibilità che offre la comunicazione mediante questo contenuto.
Certo, occorre tenere presente che gran parte delle visualizzazioni dei video (con una percentuale ovviamente alta se si tratta di video che partono in autoplay) vengono effettuate con volume audio a zero, l’ho già accennato. Per esempio, nel 2017 l’85% dei video su Facebook venivano visti “muti”: il dato è molto vecchio ma la questione non è da trascurare.
Questo non significa non curare dialoghi, voice over, musica ed effetti (ne riparliamo fra poco) ma che occorre ricordarsi di testare il video anche senza audio per vedere se è il caso di aggiungere infografiche, scritte, sottotitoli, etichette etc.
Il video deve avere uno scopo ben preciso: può dire qualcosa in più sul mio brand (raccontare una storia, essere personale), può aiutarmi a essere riconosciuto come un’autorità nel mio settore (lo so che questa cosa vi annoia ma vi serve), può aiutarmi a fare promozione. Ma decisamente non può fare tutte e tre le cose perché sarebbe confusionario e poco efficace. Deve svolgere un compito preciso perché bisogna mirare a un preciso obiettivo.
Consigli non richiesti per i video
Iniziamo a elencare qualche consiglio che possa aiutarvi nella non semplice opera di ottimizzazione dei vostri video.
Partiamo da tre consigli elementari per il copy: in pratica valgono le stesse cose già dette per un copy standard, come quello di un post:
- Tone of Voice: consono al brand e adatto al target.
 - Semplicità: dritto al punto, taglia le parti che non comunicano in modo diretto.
 - Metti in risalto le caratteristiche positive del prodotto/servizio.
 
Passando alla fase successiva, quando curi il testo per la pubblicazione del tuo video su YouTube ti consiglio di fare anche attenzione ai seguenti dettagli:
- La keyword che ti interessa dovrebbe stare nel nome del file caricato, nel title e anche all’inizio della description (che dovrebbe essere composta da circa 500 caratteri). C’è chi la ripete anche alla fine della description ma non mi pare una grande idea.
 - Nella description dovresti evitare i link che portano fuori da YouTube (anche se ti consiglieranno il contrario) dato che YouTube ama i video che tengono l’utente all’interno di YouTube stesso, come del resto fa anche Facebook. Puoi fare un’eccezione per link che siano particolarmente in tema o diretti a post davvero ottimi.
 - Tieni ben presente il tuo target di riferimento, i loro interessi, i loro gusti, le loro intenzioni e inserisci una CTA adatta.
 - Si possono usare anche gli hashtag ma è più probabile che aiutino il video a essere suggerito come contenuto simile ad altri rispetto a dare una grande spinta SEO.
 - Su YouTube puoi aggiungere Annotazioni (livelli di testo, link o hotspot sopra il video) o Schede (simili alle Annotazioni, ma più interattive e più grafiche).
 - Dai un’occhiata all’estensione TubeBuddy: lavora con Chrome e può aiutare per conoscere il volume di ricerca delle keyword, dati statistici etc.
 
Come realizzare un video
Ma come va realizzato un filmato? Ecco alcuni consigli per la struttura del video sui social:
- Il video deve iniziare bene con un hook. Hai al massimo cinque secondi per far capire di cosa stai parlando, sappi che questi secondi iniziali determinano la riuscita del video e sono quindi ottimi per fare A/B Testing con inizi differenti. Es: “Sapevi che a Firenze vive il consulente informatico più figo del mondo?”
 - Poi devi presentare il problema che l’utente ha e che tu sei in grado di risolvere. Es: “Sei stanco di dover aspettare quattro minuti ogni volta che accendi il tuo PC?”
 - Adesso devi presentare la soluzione al problema appena esposto. Es: “Il nostro consulente può velocizzare l’accensione del tuo PC per farti risparmiare fino all’80% del tempo”.
 - A questo punto presenti i benefici del prodotto/servizio. Es: “Aumenta la tua produttività, massima professionalità, esperienza decennale”.
 - Poi passi alla riprova sociale (o come vuoi chiamarla). Es: “5000 aziende in Toscana hanno approfittato dei nostri servizi, migliorando il proprio flusso di lavoro” oppure “La Repubblica: è un consulente geniale!”
 - Poi togli i rischi. Es: “Soddisfatto o rimborsato”.
 - Infine, la CTA: “Chiama adesso e prenota un sopralluogo gratuito e senza impegno”.
 
Il consiglio scontato ma non per questo inutile è di osservare noi stessi da fuori, come normali utenti. Impariamo a riconoscere un video che ci colpisce particolarmente e poi smontiamolo nelle sue componenti elementari più piccole per capire perché ci è piaciuto e come possiamo usare queste informazioni per strutturare i nostri contenuti.
Continuando su questa falsariga, buttiamo sul tavolo anche qualche altro ragionamento che può tornare utile.
Stock, flow, short, long…
Per esempio, prima di iniziare a lavorarci ti dovresti chiedere se devi produrre uno stock video o un flow video. Gli stock sono quelli che sono destinati a restare per lungo tempo, non sono particolarmente legati al momento della pubblicazione, ci lavori anche dal punto di vista SEO con tag etc. mentre i video flow sono per un uso rapido, fanno il proprio dovere (lancio di un prodotto o simili) e spariscono in fretta. Questa decisione fra stock e flow può condizionare in modo anche importante lo stile del video.
Potresti anche dover decidere se sarà un a-roll, un b-roll o un mix dei due. Un a-roll è il video che racconta la storia: è un’intervista, un monologo che guida il racconto o le risposte alle FAQ ma da solo è noioso e spesso deve essere editato (per eliminare colpi di tosse, errori etc.). Un b-roll invece è composto da video da montare, testo, inserti, voce fuori campo, riempitivi e aggiunte all’a-roll. Montarli insieme spesso dà il risultato migliore ma richiede più lavoro e tempo, due cose da non sottovalutare mai.
E poi dovresti capire se ti serve uno short form video (roba di secondi, buono per story o simili) o un long form video (roba di minuti, buono per YouTube).
Dal punto di vista delle sponsorizzate può essere intelligente preparare due versioni del video per A/B Testing con alcune differenze. Per esempio, potresti fare qualche esperimento modificando la sequenza iniziale, il titolo, la voce fuori campo, i filtri, la musica, i tag etc.
Mini consigli “tecnici”
Chiudiamo con qualche semplice consiglio “tecnico”:
- Non è sempre obbligatorio girare e montare in 4K. Anzi, spesso la gente preferisce il 1080 ovvero il FullHD come 1920 x 1080 che fra l’altro è considerata una risoluzione invece di una dimensione perché si ignora la grandezza dello schermo. Il 1080 è più naturale, spontaneo e poi non sempre è possibile guardare i video in 4K.
 - Spesso un buon telefono è sufficiente per le riprese ma l’audio tende a non essere il massimo della vita: compra un microfono decente, ce ne sono anche da poche decine di euro.
 - Evita le immagini non stabili. non sei in Dogma 95: usa un supporto ed evita l’effetto mal di mare.
 - L’illuminazione è talvolta più importante della camera che usi.
 - Per i montaggi esistono sia software commerciali a pagamento (come Adobe Premiere, Final Cut, Avid) sia open source gratuiti (come il già citato OpenShot, DaVinci Resolve o Lightworks): per fare semplici montaggi in genere non occorre spendere.
 
Piattaforme di pubblicazione
E parliamo adesso un po’ di piattaforme. Ci sono alcuni trend interessanti che si sono definiti nel 2022: i video su alcune piattaforme hanno visto un incremento degli investimenti (YouTube, TikTok, realtà virtuale, webinar) e altri invece hanno avuto un calo di budget (Facebook, Instagram, LinkedIn, Twitter). Intendiamoci, sono sempre cifre pazzesche ma la tendenza pare questa e non va trascurata.
YouTube
YouTube ha circa 2 miliardi e mezzo di utenti e non c’è alcun dubbio che le persone di età inferiore a 24 anni guardino i video qui. Certo, TikTok è ancora in movimento e forse prima o poi insidierà sul serio il dominio di YouTube. Ma ci vorrà un po’ di tempo, se mai succederà davvero.
Facebook va verso i tre miliardi di utenti, anche se dobbiamo ammettere che non sono proprio giovanissimi. E bisogna tenere conto che, sebbene i video sponsorizzati abbiano anche qui un’alta percentuale di penetrazione (pare che quasi il 70% di loro venga visualizzato interamente), gli utenti più giovani tendono a non vederli fino alla fine: probabilmente è un sintomo che ci fa capire quanto la durata ottimale dei video cambi a seconda del target. Secondo me è anche interessante il fatto che i video in formato verticale vedano un incremento dell’engagement di mezzo punto percentuale rispetto agli altri.
Instagram ha un miliardo di utenti attivi, la metà dei quali pubblica e interagisce con le story. Molti di questi utenti hanno un’età compresa fra i 18 e i 24 anni ma per capire come comportarsi occorre tenere presente che l’età media sta salendo notevolmente e rapidamente. Era nato nel 2010, senza i video che sono arrivati poi nel 2013; tre anni dopo sono nate le story e poi sono arrivate le live. Facciamo un rapido conto della serva: un ragazzino arrivato su Instagram nel 2010, diciamo sedicenne, oggi è un uomo di quasi trent’anni, magari anche sposato e con figli. È ovvio che il target si muova e con numeri così alti è ovvio che lo faccia anche velocemente.
Altri
Nel 2022 abbiamo assistito anche alla rapida diminuzione degli utenti attivi su Snapchat, una piattaforma interessante per il segmento dei giovanissimi. Sono calati molto, è vero, ma hanno ancora circa 332 milioni di utenti a giro per il mondo, non proprio noccioline.
E poi c’è Twitter. Centinaia di milioni di utenti in tutto il mondo, il 93% dei quali lo usa da un dispositivo mobile. Sembra un bacino di utenza meno importante ma ricordiamoci che, secondo alcune statistiche, gli utenti di Twitter tendono a guardare le sponsorizzate circa il 25% più degli utenti degli altri social.
Live
Parlando di live, abbiamo molte alternative oltre a quelle di Instagram e di Twitter: TikTok, Twitch, YouTube, Streamyard, Zoom, Meet etc. Sono tutte piattaforme con caratteristiche diverse, ci vorrebbe un manuale apposito e, come spesso accade nel settore, questo sarebbe obsoleto appena finito di scrivere. Cercate online, seguite i trend, dedicatevi a capire qual è la nuova tendenza del momento, ciacciate nei profili di quelli bravi a fare live per vedere quali siti o app usano.
Comunque, per concludere: le piattaforme sono davvero molto diverse tra loro: scegline una, studiala a fondo e dedicati a quella.
Audio
Le considerazioni da fare riguardo all’audio sono certamente diverse da quelle fatte sul video. Ci sono diversi modi per usare nel Digital Marketing le competenze nel campo musicale o dell’audio editing, vediamone alcune:
Podcast
I podcast sono un modo interessante per comunicare con il proprio pubblico e per costruire la propria reputazione che, come sapete, è un tantinello importante. Chiaramente i podcast permettono la produzione di diversi tipi di contenuto. Probabilmente le più interessanti sono le interviste (dato che ti consentono di parlare con persone esperte in un certo campo e di sfruttarne la visibilità per far girare i tuoi post) ma non è da trascurare nemmeno lo storytelling (buono per raccontare tipo diario una certa vicenda). In questo senso abbiamo assistito negli anni a piccolissime realtà che sono riuscite a competere con nomi ben più affermati, dato che i costi da sostenere per avviare un’attività di podcasting non sono alti e che le piattaforme per pubblicarli sono gratuite e, nel peggiore dei casi, economiche: SoundCloud, Podbean, Spreaker, Anchor, Buzzsprout etc. Ma è vero anche il “contrario”: può essere usato anche da un’azienda che voglia parlare ai propri clienti in un modo leggermente diverso dal solito o che desideri aprire le proprie porte agli utenti così da far vedere un lato più privato o intimo rispetto a quello che mostra col marketing tradizionale.
Musica
La produzione musicale è certamente importante quando si realizza uno spot, un video da sponsorizzare, una story o anche come background di un podcast o di un tutorial. Avendo il potere di creare l’atmosfera giusta, può stimolare chi ascolta a effettuare una certa azione. Può anche giocare un ruolo fondamentale nella creazione dell’identità di un brand dato che esistono infiniti esempi di accoppiate vincenti ed eterne fra marchio e jingle (audio branding, simile a quello visivo).
Effetti audio
Contribuiscono con la musica a creare un certo ambiente, si sa che le emozioni possono essere guidate anche da ciò che udiamo e che l’acquisto o l’azione sono spesso veicolati dalle nostre emozioni. Un suono giusto, piazzato nel momento giusto, può aiutare l’utente a focalizzare l’attenzione sul dettaglio che vogliamo, può creare un senso di urgenza, può dare un’idea di pace e fiducia etc. Sempre insieme alla musica può anche aiutare il cliente a ricordarsi di ciò che ha visto e a collegarlo al nome del prodotto o del produttore.
Voiceover
Anche le voci fuori campo hanno un grande spazio nella produzione dei video, delle pubblicità, dei reel social etc. Utili anche in ambito formativo per la loro versatilità e la loro comodità di impiego, i voiceover possono persino aggiungere credibilità ed emozione a un prodotto o a un marchio.
DAW etc
Per lavorare sui file audio esistono molti software commerciali (Adobe Audition, Logic, Pro Tools, Ableton Live, FL Studio) che costano da poche decine a diverse migliaia di euro. Ma non è necessario lavorare con un programma a pagamento (vedi il relativo capitolo) perché esistono molte e potenti alternative open source gratuite (come per esempio Audacity, Ardour, LMMS, Ocenaudio, Waveform) che offrono caratteristiche simili e spesso sufficienti per la maggior parte delle esigenze semiprofessionali.
Per pubblicare poi i tuoi capolavori audio puoi rivolgerti a una delle piattaforme disponibili online e che in genere sono gratuite. Oltre al classico e onnipresente YouTube, dai un’occhiata a RevervNation, a Soundcloud, a Bandcamp e a Mixcloud.
Ah, tenete d’occhio anche la creazione automatica di musica con l’ormai onnipresente intelligenza artificiale, per esempio Soundraw, penso davvero che cambierà un po’ di roba nel settore.
Tratto da “Prontuario semiserio di Digital Marketing” di Lamberto Salucco
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